Impressionante. Un saggio in forma
di romanzo che ci dice come Gaddis avesse capito tutto già molto tempo prima di
noi, un libro profetico al punto da vaticinare in qualche misura anche il
crollo dei mercati del 2007.
L'agonia
dell'agape è il racconto di un
personaggio beckettiano animato da un furore bernhardiano che sapendo di avere
ancora poco tempo a disposizione cerca di mettere ordine nelle sue carte e nei
suoi pensieri finendo però risucchiato all'interno di quello stesso caos che
cerca di combattere. Il ritmo della prosa è incalzante, la narrazione
frammentaria, fatta di divagazioni frutto di idee complesse che ben lungi dal
chiarire i concetti che cercano di esplorare aprono strade che conducono in
nuove direzioni: un flusso di coscienza che risponde all'esigenza dell'autore
di comunicare al lettore il suo bisogno di difendere l'arte e di scacciare i
mercanti dal tempio.
Qui si parla del "collasso di
tutto", di come cioè le nuove tecnologie hanno improvvisamente cambiato le
carte in tavola ridefinendo, tra l'altro, la figura dell'artista e quella
dell'opera d'arte. Viviamo – dice Gaddis – in un mondo che sembra accontentarsi
di bisogni primari e che, come il bambino, cerca il piacere ed evita il dolore.
La quantità del piacere, questo è il punto, è diventata il fine dell'uomo, non
la qualità; l'intrattenimento è il nuovo centro dei bisogni della società e il
denaro ne è diventato la divinità incontrastata.
Gaddis è un gigante e al tempo
stesso un Don Chisciotte lanciato contro i mulini a vento, un eroe impegnato in
una battaglia impari dall'esito già segnato e che pure deve essere combattuta.
Nel suo j'accuse non teme di apparire snob o elitario e lancia i suoi strali
con precisione chirurgica: si vive in superficie e nel momento, si fruisce
delle cose senza il bisogno di doverle comprendere, lo scopo è appagare i
bisogni immediati, le pulsioni più elementari, soddisfare il pubblico ed
assecondarne gli umori.
Portare tutto e a tutti è il
mantra dell'epoca in cui viviamo e non implica nessun intento pedagogico ma
segue piuttosto la logica del guadagno. Tutto e a tutti, grazie alle moderne
tecnologie e all'automazione: non serve
più applicarsi nell'atto creativo e lavorare per sviluppare il proprio talento
perché non solo ogni oggetto ma anche ogni atto artistico è riproducibile e
quindi già riprodotto, serializzato e quindi tradito nello spirito
(interessante, in questo senso, è il riferimento di Gaddis al dopplergänger di Goljadkin nel Sosia
dostoevskijano). L'artista classico non esiste più, sostituito
dall'esecutore/imitatore con le copie che moltiplicano all'infinito l'originale
finendo per dare immanenza a ciò che per definizione deve essere transitorio,
autentico, non riproducibile.
La bussola è impazzita, si è perso
l'amore (agape) per la creazione.
"…il crollo dell’autenticità
il crollo della religione il crollo dei valori, quella che Huizinga definì una
delle fasi più importanti nella storia della civiltà, e Walter Benjamin lo
riprende nell’Opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica da
qualche parte in questa pila, l’opera d’arte autentica si fonda su un rituale
dice lui, e aspetti signor Benjamin, ci devo arrivare, qui a metà del
Settecento romantico il godimento estetico nel culto dell’arte era il
privilegio di pochi. Stavo dicendo, signor Huizinga, che l’opera d’arte
autentica aveva il suo fondamento in un rituale, e la riproducibilità di massa
l’ha liberata da questa esistenza parassitaria. Ah, proprio così signor
Benjamin proprio così, alla fine del secolo la religione stava perdendo colpi e
l’arte arrivò a sostituirla, dice questo? Certamente signor Huizinga, e
aggiungerei che questa enorme quantità di riproduzioni tecniche delle opere
d’arte poteva essere manipolata, ha modificato il modo in cui le masse
consideravano l’arte e le ha manipolate a sua volta. Inavvertitamente signor
Benjamin, lei potrebbe dire che adesso l’arte è diventata dominio pubblico, per
i più o meno istruiti Monna Lisa e l'Ultima cena sono diventate arte da
calendari da appendere sopra l’acquaio della cucina. Certamente signor
Huizinga, Paul Valéry aveva capito che ci saremmo arrivati, immagini visive e
uditive portate nelle case da lontano come acqua gas ed elettricità e infine,
che Dio ci aiuti tutti, la televisione. Affermativo signor Benjamin, con il
meccanizzazione, la pubblicità le opere d’arte sono realizzate direttamente per
la vendita, ecco è questa l’America. È sempre stata questa, signor Huizinga. Lo
è sempre stata, signor Benjamin. Tutto diventa un oggetto commerciale il
mercato stabilisce il prezzo. E il prezzo diventa il criterio di ogni cosa.
Certamente signor Huizinga! L’autenticità viene azzerata quando l’unicità di
ogni realtà viene superata dalla ricezione della sua riproduzione, pertanto
l’arte è predisposta alla sua riproducibilità. Date loro la possibilità di
scegliere, signor Benjamin, e le masse sceglieranno sempre il falso".
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