Pubblicato nel 1869, Obryv, Il burrone, risulta il terzo degli "Ob" per data di pubblicazione (Obyknovennaja istorija, Una storia comune, è del 1847 e Oblomov del 1859) e, nell'opinione comune, anche il terzo per importanza.
Si potrebbe dire che anche un Gončarov
minore è pure sempre un Gončarov e quindi vale la pena di una lettura, ma il
punto è che non sono così sicuro che quest'opera possa essere rubricata con tanta
semplicità come "minore", anche se a tratti può risultare
eccessivamente manierata e disomogenea nella struttura.
Il
burrone, infatti, riveste un ruolo notevole nella
bibliografia gončaroviana perché chiude un'ideale ambiziosa trilogia che descrive
la faticosa transizione della società russa da un feudalesimo di stampo
medievale ad un Mondo Nuovo ancora tutto
da disegnare.
Il filone al quale appartiene
questo romanzo è è quello del realismo psicologico e la storia è quella di
Boris Pavlovich Raysky, un nobile annoiato, un artista "oblomoviano"
che vive tra scrittura, pittura e scultura senza mai applicarsi veramente ad
alcuna di queste arti. Un amante del bello, un uomo volubile guidato
dall'istinto e che rifugge le responsabilità. Il pretesto di controllare certi
suoi possedimenti lo porta dalla grande città alla campagna, dove si innamora, non ricambiato, di Vera,
una cugina di secondo grado, a sua volta invaghita di Mark Volokhov, un giovane
rivoluzionario nichilista e iconoclasta che è sotto la sorveglianza della
polizia.
La storia d'amore sul triangolo
Raysky-Vera-Volokhov è solo un pretesto, non solo e non tanto per parlare
d'amore (tema che comunque l'autore declina in diverse sfumature e secondo il
sentire di ognuno dei personaggi, confermando la sua assoluta capacità nella
descrizione dei caratteri) ma per portare in scena il conflitto sociale di cui
si diceva.
Il passaggio da una società
patriarcale ad un mondo nuovo è rappresentato da Gončarov da un lato attraverso
il tentativo de protagonisti di affermare la propria personalità anche andando
in rotta di collisione con gli stereotipi dell'epoca e con la morale comune,
dall'altro mostrando le incertezze ed i limiti di ognuno di loro. È la perfetta
immagine di quello che rappresenta ogni cambiamento: si identificano difetti e
limiti del sistema corrente e poi ci si divide su come modificarlo, c'è
univocità sulla diagnosi e confusione sulla terapia.
Le idee nuove sono, appunto, idee.
Opinioni da verificare alla prova dei fatti e soprattutto numerose e
contraddittorie almeno quante sono le teste che le esprimono. Per questo Gončarov
sembra voler fare un passo indietro preferendo tornare al porto sicuro della
tradizione piuttosto che affidare la barca alle insidie di una navigazione
verso l'ignoto, con il rischio di precipitare da quel burrone richiamato nel
titolo e sul filo del quale si articola la trama del libro.
Raysky diventa così nel corso
della storia una figura positiva, un uomo con limiti evidenti ma anche un
portatore di idee democratiche che non arriva all'integralismo ed agli eccessi
di un Volokhov. Il Nuovo sembra essere per Gončarov una via mediana tra
Rivoluzione e Restaurazione: apertura alla democrazia e al liberalismo ed ai
bisogni del singolo ma nel solco della storia e della cultura russa.
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