L'Eugenio Onegin è uno dei capisaldi della letteratura mondiale, l'equivalente della nostra Divina Commedia.
Siamo al cospetto di un romanzo in versi che prende le mosse dal romanticismo byroniano (il modello a cui Puškin fa riferimento sembra essere il Don Juan) per reintepretarlo in chiave personale e nazionale, finendo per aprire una strada che porta verso il realismo. Un progetto così ambizioso da apparire sulle prime "troppo poco politico" a chi si attendeva un maggior impegno sociale da parte dell'autore e mi riferisco soprattutto agli ambienti vicini ai decabristi che probabilmente non capirono quanto l'orizzonte dello scrittore fosse più vasto rispetto al loro. Quello che Puškin si propone con l'Onegin è infatti realizzare un'opera di ampio respiro, che non lasci fuori nessuno degli aspetti della vita russa, un poema epico sugli usi e i costumi nazionali visti in rapporto alla cultura occidentale. Politica quindi, ma non solo politica.
E centra perfettamente il suo obiettivo,
componendo un testo di valore inestimabile, una vera e propria enciclopedia
dell'anima russa nella quale troviamo tendenze culturali differenti, aspetti
sociali e tipi psicologici contrastanti che convivono fianco a fianco
armonizzati in maniera sublime.
Inutile entrare nello specifico,
basti dire che personaggi come Onegin e Tatiana sono diventati nel corso del
tempo veri e propri stereotipi.
L'Onegin è un'opera così ricca che diventa per me difficile
sviluppare un ragionamento organico: basta tirare uno qualsiasi dei fili che
compongono il tessuto del romanzo per andare in direzioni diverse, come hanno
fatto tanti scrittori che in maniera più o meno consapevole hanno preso spunto
dall'opera di Puškin (penso ad esempio a come cambiano i caratteri dei
protagonisti, alla loro evoluzione nel corso del romanzo che non può non far
pensare a Dostoevskij).
Tutto nell'Onegin è originale: a partire dalla scelta dell'autore di scrivere
in prima persona ma senza identificarsi direttamente nel protagonista e
scegliendo di rivolgersi direttamente al lettore per esprimere le sue opinioni,
per arrivare alla capacità di inserire nella trama digressioni liriche di
struggente bellezza senza per questo appesantire una narrazione che procede per
contrapposizioni: campagna/città, giovani/adulti, arte/vita, ragione/sentimento
e, soprattutto occidentalismo/slavofilia, la madre di tutte le contrapposizioni russe.
[Fëdor
Michajlovič Dostoevskij]
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