sabato 3 ottobre 2020

La macchina per fabbricare spagnoli – Valter Hugo Mãe

 



Un altro libro che testimonia la vitalità della letteratura portoghese contemporanea. Mãe è uno dei semi germogliati nel solco fecondo lasciato dai Pires, Saramago e Lobo Antunes, uno scrittore che stilisticamente mostra di aver acquisito la lezione saramaghiana, limitando le interpunzioni ai soli punti e alle virgole e riducendo al massimo l'uso delle maiuscole, applicandola a una trama originale raccontata in prima persona da un ottuagenario, António, appena entrato in una casa di riposo.

Se qualcuno cerca il ritmo, l'azione, le avventure rocambolesche e i colpi di scena, è bene che si tenga alla larga da queste pagine. Qui succede poco, pochissimo, la scena è limitata alle quattro mura dell'edificio e alle chiacchiere di un gruppo di anziani. Ma che anziani! I personaggi descritti da Mãe sono lontanissimi dagli stereotipi del vecchio ai quali siamo abituati e si portano dietro storie affascinanti: da quella della signora Marta, in perenne attesa di una lettera da parte del marito che in realtà l'ha abbandonata da anni, a quella della signora Leopoldina e della sua unica notte di passione con un giocatore del Benfica, a quella di João Esteves ("Esteves senza metafisica") che ispirò a Pessoa la Tabaccheria.

Il protagonista del libro è un uomo dall'animo diviso tra materialismo e immaginazione: António si sforza spesso di indossare la maschera del cinismo per difendersi dalla sensibilità che sente affiorare e che non vorrebbe mostrare agli altri, ma le sue contraddizioni non sono altro che le nostre. La scelta di un uomo anziano come protagonista permette all'autore di ampliare il campo delle sue riflessioni: dal senso della vita, di Dio e della morte alla nostalgia del passato ("abbiamo paura di questi tempi nuovi, non sono i nostri tempi, e abbiamo bisogno di difenderci. Quando diciamo che una volta era meglio è solo per nostalgia, in realtà vogliamo dire che un tempo eravamo giovani, è nostalgia di noi stessi"), fino al ricordo passando dalla sfera personale a quella generale e affrontando il passato salazarista della nazione (e la macchina che nega l'identità portoghese ne è un chiaro riferimento) e il senso di colpa individuale che i portoghesi si portano dietro e del quale António, con i suoi scheletri nell'armadio e il suo atteggiamento auto-assolutorio ("un brav'uomo che, per pura casualità, era fascista"), rappresenta un perfetto esempio.

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