Un altro libro che testimonia la vitalità della letteratura portoghese contemporanea. Mãe è uno dei semi germogliati nel solco fecondo lasciato dai Pires, Saramago e Lobo Antunes, uno scrittore che stilisticamente mostra di aver acquisito la lezione saramaghiana, limitando le interpunzioni ai soli punti e alle virgole e riducendo al massimo l'uso delle maiuscole, applicandola a una trama originale raccontata in prima persona da un ottuagenario, António, appena entrato in una casa di riposo.
Se qualcuno cerca il ritmo, l'azione,
le avventure rocambolesche e i colpi di scena, è bene che si tenga alla larga
da queste pagine. Qui succede poco, pochissimo, la scena è limitata alle
quattro mura dell'edificio e alle chiacchiere di un gruppo di anziani. Ma che
anziani! I personaggi descritti da Mãe sono lontanissimi dagli stereotipi del
vecchio ai quali siamo abituati e si portano dietro storie affascinanti: da
quella della signora Marta, in perenne attesa di una lettera da parte del
marito che in realtà l'ha abbandonata da anni, a quella della signora Leopoldina
e della sua unica notte di passione con un giocatore del Benfica, a quella di
João Esteves ("Esteves senza metafisica") che ispirò a Pessoa la Tabaccheria.
Il protagonista del libro è un
uomo dall'animo diviso tra materialismo e immaginazione: António si sforza
spesso di indossare la maschera del cinismo per difendersi dalla sensibilità
che sente affiorare e che non vorrebbe mostrare agli altri, ma le sue
contraddizioni non sono altro che le nostre. La scelta di un uomo anziano come
protagonista permette all'autore di ampliare il campo delle sue riflessioni:
dal senso della vita, di Dio e della morte alla nostalgia del passato ("abbiamo
paura di questi tempi nuovi, non sono i nostri tempi, e abbiamo bisogno di
difenderci. Quando diciamo che una volta era meglio è solo per nostalgia, in
realtà vogliamo dire che un tempo eravamo giovani, è nostalgia di noi
stessi"), fino al ricordo passando dalla sfera personale a quella generale
e affrontando il passato salazarista della nazione (e la macchina che nega
l'identità portoghese ne è un chiaro riferimento) e il senso di colpa
individuale che i portoghesi si portano dietro e del quale António, con i suoi
scheletri nell'armadio e il suo atteggiamento auto-assolutorio ("un
brav'uomo che, per pura casualità, era fascista"), rappresenta un perfetto
esempio.
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