domenica 20 dicembre 2020

Giardino, cenere – Danilo Kiš



Giardino, cenere è il miglior libro dell'Europa postbellica per I. Brodskij e il secondo volume di una trilogia ideale che comprende Dolori precoci e Clessidra, «tre sguardi – si legge in Homo poeticus – tre approcci alla stessa realtà, al centro della quale si trova Eduard Sam, E.S., lo scomparso, figura centrale di un mondo anch'esso scomparso. Il mondo dell'Europa centrale.»
Un romanzo dal sapore proustiano ma anche schulziano, una narrazione lirica dell'infanzia nella quale realtà e illusione si mescolano nella dimensione letteraria e trovano voce nel racconto del piccolo Andreas Sam che ci parla della sua famiglia e soprattutto del suo strano padre e della sua opera ancora più strana, un "Orario delle comunicazioni tramviarie, navali, ferroviarie e aeree, un libro-mondo in continua trasformazione («Era una Bibbia sacrale, apocrifa, nella quale si rinnovava il miracolo della Genesi, ma nella quale erano corrette tutte le ingiustizie divine e l’impotenza dell’uomo»).
Eduard Sam incarna la figura dell'ebreo errante, un fallito che spinge la famiglia a seguirlo nelle sue peregrinazioni,  un pazzo che vive in un delirio di idee assurde e sogni irrealizzabili, votato a «un'indefinita rivolta contro la società e l'ordine del mondo», un uomo convinto che il suo ruolo sia quello di adempiere al proprio destino in modo da realizzare così il proprio personale riscatto e anche quello di riscattare attraverso il suo sacrificio l'intera umanità.
Kiš ci restituisce alla perfezione il punto di vista del ragazzino, lo stupore e la curiosità dei suoi occhi che guardano e interpretano la realtà e lo fa attraverso un linguaggio dai toni soffusi, ricco di descrizioni, particolari e sensazioni. È una prosa lirica che esprime alla perfezione la malinconia per il trascorrere inesorabile del tempo, per un'epoca – quella dell'infanzia – dalla quale il protagonista sta per uscire ma anche per un mondo che volge al declino.
Giardino, cenere è un libro sulla mitologia infantile e sul mistero del tempo di rara eleganza formale ma anche un'opera ricca di contenuti e riflessioni di indubbio spessore.

«Ci sono uomini» continuò mio padre «che sono nati per fare l’infelicità propria e altrui, vittime di macchinazioni celesti che non possiamo comprendere, cavie della meccanica celeste, ribelli ai quali è assegnata la parte di ribelli, ma che sono nati, per la crudele logica della commedia celeste, con le ali tagliate. Titani senza la forza dei titani, piccoli titanucci gracili che di grande hanno ricevuto solo una dose eccessiva di sensibilità nella quale la loro futile forza si scioglie come in alcol. Essi seguono la loro stella, la loro sensibilità malata, portati da progetti e da propositi titanici, e si infrangono come onde sugli scogli della banalità quotidiana. Ma la cosa più crudele riservata loro è la lucidità, la coscienza dei propri limiti, la dolorosa facoltà di distanziarsi. Io vedo me stesso nella parte impostami dai cieli e dal destino, consapevole di essa ad ogni istante, ma al tempo stesso assolutamente incapace di oppormi ad essa con la forza della logica e della volontà... Per fortuna, come ho detto, questa mia parte volge al termine...»

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