Orhan Pamuk – Il mio nome è rosso
( Şemsa Gezgin, Marta Bertolini)
Einaudi editore, 2005, I ed. 1998
È del grande scrittore la capacità di interrogarsi su temi diversi e rappresentare punti di vista anche divergenti riuscendo a seguire tutti i fili della trama senza seguire la scorciatoia di semplificazioni forzate. In questo romanzo Pamuk lo fa fondendo l'aspetto classico dei temi trattati con un racconto polifonico, moderno (postmoderno) nello stile, una scrittura che si rivolge direttamente al lettore chiamandolo ad entrare nella storia.
Al centro della narrazione ci sono un omicidio e una storia d'amore, ma questo è solo il livello più superficiale del testo, perché quello che l'autore vuole proporci è una riflessione sull'arte, il suo scopo, i modi di concepirla e il ruolo dell'artista. Da qui, arrivare al dualismo Oriente/Occidente, tradizione/innovazione, il passo è breve e Pamuk sembra suggerire, pur senza dirlo apertamente, un futuro dove i due mondi possano comunicare e "contaminare" i rispettivi punti di vista per creare qualcosa di nuovo.
Nessun commento:
Posta un commento