mercoledì 25 aprile 2012
domenica 22 aprile 2012
Ancora sulla strada di Zenna
Perché quelle piante turbate m'inteneriscono?
Forse perché ridicono che il verde si rinnova
a ogni primavera, ma non rifiorisce la gioia?
Ma non è questa volta un mio lamento
e non è primavera, è un'estate,
l'estate dei miei anni.
Sotto i miei occhi portata dalla corsa
la costa va formandosi immutata
da sempre e non la muta il mio rumore
né, più fondo, quel repentino vento che la turba
e alla prossima svolta, forse finirà.
E io potrò per ciò che muta disperarmi
portare attorno il capo bruciante di dolore...
ma l'opaca trafila delle cose
che là dietro indovino: la carrucola nel pozzo,
la spola della teleferica nei boschi,
i minimi atti, i poveri
strumenti umani avvinti alla catena
della necessità, la lenza
buttata a vuoto nei secoli,
le scarse vite, che all'occhio di chi torna
e trova che nulla nulla è veramente mutato
si ripetono identiche,
quelle agitate braccia che presto ricadranno,
quelle inutilmente fresche mani
che si tendono a me e il privilegio
del moto mi rinfacciano...
Dunque pietà per le turbate piante
evocate per poco nella spirale del vento
che presto da me arretreranno via via
salutando salutando.
Ed ecco già mutato il mio rumore
s'impunta un attimo e poi si sfrena
fuori da sonni enormi
e un altro paesaggio gira e passa.
[Vittorio Sereni: "Gli strumenti umani"]
Forse perché ridicono che il verde si rinnova
a ogni primavera, ma non rifiorisce la gioia?
Ma non è questa volta un mio lamento
e non è primavera, è un'estate,
l'estate dei miei anni.
Sotto i miei occhi portata dalla corsa
la costa va formandosi immutata
da sempre e non la muta il mio rumore
né, più fondo, quel repentino vento che la turba
e alla prossima svolta, forse finirà.
E io potrò per ciò che muta disperarmi
portare attorno il capo bruciante di dolore...
ma l'opaca trafila delle cose
che là dietro indovino: la carrucola nel pozzo,
la spola della teleferica nei boschi,
i minimi atti, i poveri
strumenti umani avvinti alla catena
della necessità, la lenza
buttata a vuoto nei secoli,
le scarse vite, che all'occhio di chi torna
e trova che nulla nulla è veramente mutato
si ripetono identiche,
quelle agitate braccia che presto ricadranno,
quelle inutilmente fresche mani
che si tendono a me e il privilegio
del moto mi rinfacciano...
Dunque pietà per le turbate piante
evocate per poco nella spirale del vento
che presto da me arretreranno via via
salutando salutando.
Ed ecco già mutato il mio rumore
s'impunta un attimo e poi si sfrena
fuori da sonni enormi
e un altro paesaggio gira e passa.
[Vittorio Sereni: "Gli strumenti umani"]
sabato 21 aprile 2012
Parole, parole, parole...
A questo mondo tutto
viene fatto a furia di parlare. Senza dubbio, è un po' ridicolo
immaginarsi di esercitare Dio sa quale effetto con parole ben
piazzate in una vita dove tutto in fondo dipende da un'ultima
indicibile sfumatura. Il parlare si basa su un'indecente
sopravvalutazione di sé.
[Hugo von
Hofmannsthal: “L'uomo difficile”]
Etichette:
Hugo von Hofmannsthal,
l'inganno delle parole
mercoledì 18 aprile 2012
domenica 15 aprile 2012
Furlani il clown
HELENE: Le piace così tanto Furlani?
HANS KARL: Per me quell'uomo è un vero
svago.
HELENE: Fa trucchi così abili?
HANS KARL: Ma non fa nessun trucco. Lui
è lo sciocco Augusto.
HELENE: Quindi un pagliaccio?
HANS KARL: No, sarebbe esagerato! Lui
non esagera mai, non carica mai. Recita la sua parte: è quello che
vorrebbe capire tutti, aiutare tutti e così porta tutti nella
confusione più grande. Fa i lazzi più sciocchi, la galleria si
sganascia dalle risate, e tuttavia mantiene un'eleganza, una
discrezione, si nota che rispetta se stesso e tutto ciò che è al
mondo, butta tutto all'aria, dove passa lui è tutto sottosopra,
tuttavia verrebbe da gridare: “Ma ha ragione!”. […] Vede,
Helen, tutte queste cose sono difficili: i trucchi degli equilibristi
e dei giocolieri e tutto il resto... per tutto questo ci vuole una
volontà intensa e un vero ingegno. Credo più ingegno di quanto ce
ne voglia nella gran parte delle conversazioni...
HELENE: Ah, questo sicuramente.
HANS KARL: Assolutamente. Ma ciò che
fa Furlani sta ancora uno scalino sopra rispetto a ciò che fanno
tutti gli altri. Tutti gli altri si lasciano condurre da un fine e
non guardano né a destra né a sinistra, anzi trattengono il respiro
fino a che non hanno raggiunto il loro fine: in questo, appunto,
consiste la loro destrezza. Ma lui sembra che non faccia niente con
un fine... anzi dà ascolto al fine degli altri. Vorrebbe fare anche
lui tutto quello che fanno gli altri, tanta è la sua buona volontà.
E' tanto affascinato da ogni singolo giochetto che una persona
qualsiasi gli mostra: se uno tiene in equilibrio un vaso di fiori sul
naso, allora anche lui lo tiene in equilibrio, diciamo per
gentilezza.
HELENE: Ma lo fa cadere?
HANS KARL: Ma come lo fa cadere, questo
è il bello! Lo fa cadere per il puro entusiasmo e per la felicità
di saperlo tenere in equilibrio così bene! Egli crede che se lo si
fa proprio bene, la cosa dovrebbe andare da sé.
HELENE: (Tra sé) E lui il vaso di
fiori normalmente non lo sostiene e cade per terra.
[…]
HANS KARL: Quando si guarda Furlani, i
clown più bravi sembrano volgari, è un vero e proprio talento di
pura nonchalance... ma ovviamente questa nonchalance
richiede il doppio della tensione degli altri.
[Hugo von Hofmannsthal: "L'uomo difficile"]
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