domenica 10 marzo 2013

Sherwood Anderson - Winesburg, Ohio



Libro importante per gli amanti del racconto, imprescindibile per gli appassionati della sua declinazione nordamericana.
Una raccolta del 1919, fondamentale per la costruzione di quei binari sui quali correranno Faulkner, Hemingway, Carver e nipotini, paragonabile per importanza storica (e per certi versi superiore) a Flannery O' Connor, che pure scrisse qualche decennio dopo.
Una Spoon River dei vivi, si è scritto a proposito di Winesburg, Ohio, la fotografia di un'età di passaggio scattata attraverso una serie di ritratti di personaggi di una cittadina di provincia, con George Willard, cronista dell'Winesburg Eagle, a fare da trait d'union tra le varie storie. Sherwood Anderson passeggia tra le vite degli abitanti di Winesburg con occhio attento e compassionevole restituendoci un'umanità tragica ed impotente.
Sono persone dai desideri sopiti, vite nelle quali ad un certo punto qualcosa si è spezzato. Come il dottor Reefy con le sue palline di carta sulle quali annota i pensieri (verità che costruisce e poi distrugge), come Elizabeth Willard, che sogna di affidare al figlio il compito di realizzare quello che per lei è rimasto inespresso (e che non sa neppure definire bene cosa sia), come Jessie Bentley, un altro che cerca di più, che avverte il disagio per i tempi che stanno cambiando e che reagisce alla sua inadeguatezza con un comportamento da bipolare, come Alice Hindman, novella Penelope che dapprima attende il ritorno dell'uomo amato, poi aspetta l'idea del suo uomo ed infine non riesce ad accettare l'idea di aver sprecato la sua vita, come Seth Richmond, “il pensieroso”, che sente forte il bisogno di fare qualcosa ma non sa cosa, come Elmer Cowley che vorrebbe dimostrare di non essere “grullo”, ma non trova il coraggio di dirlo ed allora scappa, o come Ray Pearson, il vecchio contadino che di colpo rifiuta la vita che ha sempre fatto e vorrebbe correre dal giovane amico per consigliarlo di non sposare la ragazza che ha “inguaiato”, ma poi non ce la fa, non riesce a dirglielo.
Personaggi descritti con pennellate sapienti, attraverso descrizioni, ma anche attraverso gesti e comportamenti che li caratterizzano, persone che vorrebbero dire o fare qualcosa, ma poi, per un motivo o per l'altro non ci riescono.
“Volevo scappare da tutto, - dice Elizabeth Willard - ma al tempo stesso correvo verso qualcosa.”

domenica 24 febbraio 2013

sabato 23 febbraio 2013

domenica 17 febbraio 2013

Sofia si veste sempre di nero



Dieci racconti che tratteggiano la figura di Sofia, ragazza “difficile”, indipendente come un gatto, che sfugge per tutto il libro, più brava a troncare rapporti che a costruirli. 
I più ispirati mi sono sembrati i primi, quelli dove Sofia è prima bambina e poi ragazza, nei quali Cognetti mostra una buona confidenza con il complicato universo degli adolescenti, i successivi invece mostrano un po' la corda, sarà perché la trama sembra già vista troppe volte (famiglia borghese, madre casalinga e depressa, padre ingegnere all'Alfa Romeo, amante-munito, zia contestatrice e rivoluzionaria...), sarà perché dovendosi incastrare obbligatoriamente in un mosaico finiscono per perdere in spontaneità e risultano abbastanza prevedibili.
In conclusione: avevo grandi aspettative per questo libro che sono state  confermate solo parzialmente. Peccato, perché seguo il blog di Cognetti e perché il racconto come genere letterario sembra aver perso parecchio smalto, almeno in Italia, ed avrebbe bisogno di qualcuno in grado di ridargli un po' di vigore.