martedì 24 settembre 2013
sabato 21 settembre 2013
domenica 15 settembre 2013
sabato 24 agosto 2013
L'ubicazione del bene – Giorgio Falco
Con questo libro Falco dimostra di essere uno scrittore coraggioso. Non è semplice, soprattutto in Italia, confrontarsi con la misura del racconto: saper aprire e chiudere l'obiettivo della macchina fotografica, accennare i grossi temi ed approfondire particolari minimi, far intuire senza dire... E poi il tema: raccontare l'attualità comporta il rischio di scivolare nei luoghi comuni, nel dire cose scontate. Bene, per quel che mi riguarda, con “l'ubicazione del bene” Folco ha superato brillantemente la prova, costruendo una raccolta di racconti equilibrata, efficace e dolorosa.
Sono storie di gente che prova a
cambiare la propria vita ritagliandosi un'autonomia lavorativa, con
il risultato di finire schiacciata dal peso della realtà, storie di
solitudini, di calma apparente dietro la quale si consumano drammi
domestici. Storie dove i rapporti umani nascono dal bisogno di
frequentarsi per via dei figli, non dalla voglia di condividere, vite
che si incontrano e si uniscono quasi per caso per poi dividersi
senza un motivo. Gli uomini e le donne che abitano questi racconti
sono contemporaneamente vittime e colpevoli per quello che succede,
non è quasi mai possibile tracciare linee nette di divisione, sono
uomini e donne sostanzialmente egoisti, che non vogliono o non
riescono ad interessarsi all'altro perché nessuno si sforza
veramente di capire, ma si limita a semplificare le situazioni per
poter tornare a concentrarsi sui propri bisogni. Nessuna possibilità
di conciliazione o di incontro perché le persone parlano lingue
diverse.
Le storie che Folco, novello
Yeats, racconta fanno tanto più male perché sono vere, perché sono
le storie che costruiscono la nostra quotidianità e nessuno può
chiamarsi fuori.
Esclusi i presenti, s'intende.
domenica 18 agosto 2013
Scrittura di qualità
che cos'è una scrittura di qualità? Ebbene, è quello che è sempre stata: saper ficcare la testa nel buio, saper saltare nel vuoto, sapere che la letteratura è fondamentalmente un mestiere pericoloso. Correre sull'orlo del precipizio: da una parte l’abisso senza fondo e dall'altro i volti amati, i volti amati che sorridono, e i libri, e gli amici, e la tavola. E accettare quest’evidenza anche se certe volte ti pesa più della pietra tombale che copre i resti di tutti gli scrittori morti. La letteratura, come direbbe una cantante andalusa, è un pericolo.
[Roberto Bolaño: "Tra parentesi"]
Iscriviti a:
Post (Atom)