giovedì 6 gennaio 2022

Sopra i fiumi che vanno – António Lobo Antunes


Rubando tempo alla morte

Ennesimo tassello nel processo di decostruzione della trama di Lobo Antunes. In Sopra i fiumi che vanno è la forma che regge il romanzo: un lungo flusso di coscienza, lo scorrere dei ricordi, fiumi che trasportano pensieri, fatti, cose, persone, dolore. La storia è una costruzione a posteriori e poco importante di per sé, il risultato è un'opera estrema, priva di punti di riferimento.
Obiettivo dell'autore è trasferire sulla pagina non gli avvenimenti ma quello che rappresentano per il bambino che li vive e quello che sono per l'uomo che li racconta: dire l'indicibile, creare un ambiente dal quale il lettore può attingere per provare a "sentire" quello che sentono i protagonisti.
Inutile provare a spiegare, qui siamo dentro a una specie di delirio febbrile, davanti a un'eruzione di ricordi veri e inventati che mescolano passato e presente. In un magma incandescente Un territorio nuovo, un'idea di letteratura "estrema" alla quale è necessario avvicinarsi senza pre-concetti.
C'è un grande fuoco che arde al centro della fucina di Lobo Antunes, tra le fiamme che guizzano inquiete sembra di vedere balenare tracce di Schulz e Kiš e dei romanzi sulla memoria del secondo Novecento, nei pezzi incandescenti che l'artista forgia con cura pare di riconoscere il ricordo di Joyce e di Faulkner e del romanzo modernista… ma à inutile utilizzare le analogie per provare a descrivere l'opera dello scrittore portoghese: le analogie sono solo suggestioni, ombre che deformano le cose.
Non esiste una bussola per orientarsi in questo romanzo, in Sopra i fiumi che vanno è necessario immergersi per lasciarsi travolgere dalla corrente e guidare dalle voci che illuminano il buio cercando di rubare il tempo alla morte in un viaggio che vale la pena di essere vissuto.
"Quello che conta è il libro come un tutto, e ciò che conta di più non sono nemmeno le parole scritte, ma quello che sta tra le parole, gli spazi bianchi. A parte questo, il libro non è qualcosa che deve essere letto, è un oggetto che ascolta. Siamo noi lettori che parliamo con lui. Il libro è qualcosa che mettiamo contro un orecchio per udire il rumore del mondo. Il mio compito è solo scrivere, non fornire spiegazioni, soprattutto perché non le possiedo. Non ho soluzioni, né chiarimenti, né rimedi. Ho solo libri".

[da un'intervista di António Lobo Antunes al premio Nonino 2014]


sabato 4 dicembre 2021

Il re pallido – David Foster Wallace

 
L'opera struggente di un formidabile genio.

Frammenti che brillano nel buio, brandelli di un grande romanzo rimasto in potenza. Quello che resta sono idee, parti non collegate, un percorso abbozzato ma sufficiente a far trasparire la grandezza di Foster Wallace, la sua capacità di fare letteratura partendo da ogni cosa, in questo caso la noia, la routine del quotidiano.
Introspezione, scavo nella psicologia dei personaggi, descrizioni acute, dialoghi di struggente bellezza (il capitolo 46 su tutti), costruzione attenta e un rigore formale che sfiorano la perfezione e poi, soprattutto, l'empatia, la capacità di stabilire un contatto profondo con i protagonisti della storia, comprenderli nelle loro debolezze e comprendendoli, amarli.
"Il cane odiava quella catena. Ma aveva una sua dignità. Quello che faceva era non tendere mai la catena del tutto. Non si allontanava mai nemmeno quel tanto da sentire che tirava. Nemmeno se arrivava il postino, o un rappresentante. Per dignità, il cane fingeva di aver scelto di stare entro quello spazio che guarda caso rientrava nella lunghezza della catena. Niente al di fuori di quello spazio lo interessava. Interesse zero. Perciò non si accorgeva mai della catena. Non la odiava. La catena. L'aveva privata della sua importanza. Forse non fingeva, forse aveva davvero scelto di restringere il suo mondo a quel piccolo cerchio. Aveva un potere tutto suo. Una vita intera legato a quella catena. Quanto volevo bene a quel maledetto cane."

domenica 14 novembre 2021

Le pianure – Gerald Murnane


«Le pianure non sono ciò che molti dei loro abitanti ritengono che siano. Sono semplicemente una comoda fonte di metafore per chi sa che sono gli uomini a inventare i loro significati.»


«Cercavo, in quel paesaggio, qualcosa che sembrasse accennare a un significato complesso, oltre le apparenze». Questo lo scopo del protagonista, un cineasta che decide di intraprendere un viaggio nel cuore dell'Australia, alla ricerca dell'ispirazione per la sceneggiatura di un film. Con una prosa piana, fintamente rassicurante, Murnane disegna atmosfere wendersiane per un libro nel quale i grandi spazi e gli stravaganti personaggi kafkiani che li abitano sono solo la superficie di un mare dai profondi abissi.
Le pianure. Sconfinate e uguali a se stesse, eppure uniche per ognuno dei latifondisti che ci vivono e che crede di essere il solo in grado di comprenderle. Le pianure come simbolo di una ricerca interiore, un viaggio tra Orizzontisti e Uomini Lepre, Pianure Centrali e Pianure Esterne, Confraternita della Pianura Infinita e Lega del Cuore del Paese…, il folle tentativo di costruire un'epica e poi una metafisica per pianure che man mano che si svelano, si nascondono.
Costume, politica, religione, filosofia, pittura, letteratura, fotografia… sono le lenti di un prisma attraverso il quale gli uomini cercano di interpretarle, illudendosi che da qualche parte possa saltar fuori una verità, un segno in grado di illuminare il cammino e spiegarne il senso. Ma è nel buio, non nella luce il significato, spiega al protagonista il suo ultimo interlocutore:

«Anche un posto così grande e luminoso come le pianure può essere cancellato da qualsiasi direzione. […] Posso concederti che anche vedere quelle pianure di cui abbiamo goduto per tutto i pomeriggio… anche questo è, in un certo senso, un segno di distinzione. Ma non farti ingannare. Niente di ciò che abbiamo visto oggi esiste, a parte l'oscurità. […] Il Grande Buio. Non è forse là che si trovano tutte le nostre pianure? […] Quel buio che era l'unico segno visibile di qualunque cosa vedessi al di là di me stesso».


Link
https://lithub.com/wayne-macauley-on-gerald-murnanes-most-memorable-book/