sabato 16 dicembre 2023

L'amico estraneo – Christoph Hein


L'amico estraneo – Christoph Hein
(trad. Fabrizio Cambi)
edizioni e/o 1987 – I ed. 1982

Novella circolare, con la narrazione che parte dalla fine per precedere a ritroso per raccontare la storia di Claudia e la relazione con Henry che la protagonista tiene sempre sotto il rigido controllo della ragione. Il suo è un profilo psicologico apparentemente semplice, quello della donna ferita dal fallimento del matrimonio e che ora ha paura di investire emotivamente in una relazione stabile, eppure sotto la superficie c'è molto di più. Il malessere di Claudia, ad esempio, sembra esistenziale, affonda le radici in episodi dell'infanzia (le visite ai miei genitori mi rendono sempre nervosa. Sono visite di cortesia a persone alle quali non mi lega niente), l'atarassia che mostra agli altri ci appare come una posa, un'armatura difensiva con molte più crepe di quanto lei stessa sia disposta ad ammettere e il suo decisionismo solo un tappeto sotto il quale nascondere i sensi di colpa.
Con una scrittura asciutta e precisa, Hein rende bene il tentativo di Claudia di dare ordine alla sua vita, di costruirsi un equilibrio che le consenta di vivere sulla superficie delle cose cercando di tenere a bada il rimosso. Vivere alla giornata senza cullare illusioni ma prendendo quello che viene per il tempo che potrà durare. Difendere la propria intimità, un dolore che gli altri non possono comprendere e che lei stessa fatica a definire. Accettare la vita come qualcosa di inevitabile e soprattutto non condivisibile, continuando a raccontarsi la solita favola mentendo a se stessa: "Ho la pelle in ordine. Mi posso permettere tutto quello che mi piace. Sono sana. Tutto quello che potevo raggiungere, l'ho raggiunto. Non saprei quello che mi manca. Ce l'ho fatta. Sto bene."
Quello che Hein lancia nello stagno è un sasso che si allarga in cerchi sempre più larghi che finiscono per schizzare acqua anche si di noi: Claudia, la DDR, l'Europa…

domenica 10 dicembre 2023

Alte vette

Quali sono gli scrittori contemporanei che amiamo di più? Quelli che non ci stanchiamo di leggere, quelli che toccano le nostre corde con facilità sorprendente, quelli dei quali attendiamo con l'ansia l'uscita di un nuovo libro, quelli che rappresentano un porto sicuro quando incappiamo nel blocco del lettore, quelli dei quali leggeremmo anche la lista della spesa, quelli che quando non ci convincono sino in fondo, certamente "è colpa nostra".
Ecco il nostro Olimpo.



sabato 2 dicembre 2023

domenica 29 ottobre 2023

Dizionario del linguaggio dei fiori – António Lobo Antunes



Dizionario del linguaggio dei fiori – António Lobo Antunes
(trad. Vittoria Martinetto)
Einaudi editore 1997 – I ed. 1988

Tornare a Lobo Antunes equivale a volgere la prua verso un porto sicuro, a immergersi ancora una volta nella fitta architettura che lo scrittore portoghese ha affinato nel corso della sua lunga produzione letteraria per ascoltare l'ennesima storia fatta di ricordi. Dipinto, sinfonia… è facile finire per scomodare immagini che caratterizzano altre espressioni artistiche quando si decide di parlare di un libro di questo autore, tanto le sue parole sono capaci di scatenare suggestioni che rompono i confini del romanzo per scivolare fuori dalla pagina arrivando fino a schizzare dentro di noi.
Cicogne e caravelle ci accolgono all'interno di un libro nel quale la cronologia è un termine vuoto, perché il tempo non è quello scandito dal ticchettio dell'orologio ma quello che prende forma all'interno della mente, una nuvola di fumo nella quale presente e passato si mescolano per dare forma ai pensieri. Protagonista assoluto è il ricordo, sfumato di nostalgia e compassione: Lobo Antunes punta la macchina da presa su gesti, persone e oggetti per togliere la polvere del tempo passato e con l'autorevolezza del demiurgo resuscita le ombre dall'oblio soffiandovi sopra nuova vita, per ascoltarle parlare e generare quei legami, pensieri, gesti che muovono la lenta ruota della trama.
Dizionario del linguaggio dei fiori è un altro romanzo polifonico, con la trama ridotta a poco più di un pretesto per raccontare tante storie, un fiume con mille affluenti, una cicogna che apre le ali e vola nel cielo terso di Lisbona mentre sotto scorre il tempo, immobile come il Tago e come i treni "minuscoli molto in basso, in lontananza, che partono da chissà dove per nessuna destinazione che è la loro sorte".

sabato 2 settembre 2023

Libro di memorie – Péter Nádas

 

Libro di memorie – Péter Nádas
(trad. Laura Sgarioto)
Dalai editore 2012 – I ed. 1986


Meccanica delle emozioni.

La memoria, tema da sempre centrale nella narrativa, sta riscuotendo un rinnovato interesse nel panorama degli autori contemporanei, con declinazioni particolarmente originali soprattutto da parte di chi ha vissuto oltre cortina (A. Blandiana e M. Stepanova docent). In Libro di memorie, Péter Nádas lo affronta confezionando un romanzone di stampo novecentesco, caratterizzato da una prosa a metà tra il proustiano e il mitteleuropeo (T. Mann, H. Broch, R. Musil), uno stile lento, ricco di improvvise epifanie, descrizioni minuziose e insistenti, così controcorrente rispetto alla tendenza della narrativa attuale e una trama di non semplice interpretazione con tre parti distinte che si succedono come una sinfonia nella quale i salti temporo-spaziali e le ellissi rappresentano la regola, mettendo alla prova l'attenzione del lettore.
Il protagonista è un giovane scrittore ungherese mai nominato, del quale viene narrata la storia, a partire dalla giovinezza e dai rapporti conflittuali con il padre negli anni '50, fino alla vita bohémienne con un complicato triangolo sentimentale a Berlino vent'anni dopo. In parallelo si sviluppa la storia di Thomas, invenzione del protagonista, autore di un romanzo sulla Germania del primo Novecento e in chiusura del romanzo si aggiunge a scompigliare le carte il racconto di un amico dello scrittore, che inserisce un punto di vista differente contraddicendone in parte la narrazione autobiografica che abbiamo letto fino a quel punto. Abbastanza per gettarci nello sconforto e spingerci a domandarci se lo sforzo di seguire Nádas attraverso settecento e più pagine è valso la pena.
La mia risposta è sì, non solo perché Susan Sontag ha definito questa opera “il più grande romanzo scritto nel nostro tempo e uno dei più grandi libri del secolo”. Nádas è un maestro della meccanica delle emozioni, che esplora con attenzione e profondità, quasi lispectoriano nella ricerca di ciò che si cela dietro all'apparenza e insieme nel non volerlo scoprire per continuare a sognarlo e spingersi sempre oltre.
Il protagonista è una personalità scissa, che vive il disagio esistenziale della sua situazione, un individualista impegnato nell'introspezione in un ambiente, quello dell'omologazione dell'Est Europa, che guarda con sospetto queste tendenze "devianti". Un uomo alla ricerca spasmodica di un equilibrio che prova a costruire sulle sabbie mobili di un rapporto con gli altri che sembra necessitare sempre di un "terzo" attore, di un altro punto di vista che invece di chiarire la situazione non può fare altro che complicarla. Un uomo che guarda dentro se stesso lasciandosi guidare dall'emotività, dalle sensazioni più che dal raziocinio, forze che invece di avvinarlo alla riva lo spingono sempre più verso le acque alte e pericolose delle contraddizioni, spinte centrifughe che cerca di bilanciare senza riuscire a raggiungere quell'armonia alla quale tende. Un'anima che vive la realtà dell'inverosimiglianza e si affanna nella ricerca di una terza via tra pensiero etico ed estetico, finendo schiacciata dal castello delle sue congetture e dal peso della relatività delle cose.

Lettura difficile ma sicuramente sorprendente, importante e stimolante.