Libro di memorie – Péter Nádas
(trad. Laura Sgarioto)
Dalai editore 2012 – I ed. 1986
Meccanica delle emozioni.
La memoria, tema da sempre centrale nella narrativa, sta riscuotendo un rinnovato interesse nel panorama degli autori contemporanei, con declinazioni particolarmente originali soprattutto da parte di chi ha vissuto oltre cortina (A. Blandiana e M. Stepanova docent). In Libro di memorie, Péter Nádas lo affronta confezionando un romanzone di stampo novecentesco, caratterizzato da una prosa a metà tra il proustiano e il mitteleuropeo (T. Mann, H. Broch, R. Musil), uno stile lento, ricco di improvvise epifanie, descrizioni minuziose e insistenti, così controcorrente rispetto alla tendenza della narrativa attuale e una trama di non semplice interpretazione con tre parti distinte che si succedono come una sinfonia nella quale i salti temporo-spaziali e le ellissi rappresentano la regola, mettendo alla prova l'attenzione del lettore.
Il protagonista è un giovane scrittore ungherese mai nominato, del quale viene narrata la storia, a partire dalla giovinezza e dai rapporti conflittuali con il padre negli anni '50, fino alla vita bohémienne con un complicato triangolo sentimentale a Berlino vent'anni dopo. In parallelo si sviluppa la storia di Thomas, invenzione del protagonista, autore di un romanzo sulla Germania del primo Novecento e in chiusura del romanzo si aggiunge a scompigliare le carte il racconto di un amico dello scrittore, che inserisce un punto di vista differente contraddicendone in parte la narrazione autobiografica che abbiamo letto fino a quel punto. Abbastanza per gettarci nello sconforto e spingerci a domandarci se lo sforzo di seguire Nádas attraverso settecento e più pagine è valso la pena.
La mia risposta è sì, non solo perché Susan Sontag ha definito questa opera “il più grande romanzo scritto nel nostro tempo e uno dei più grandi libri del secolo”. Nádas è un maestro della meccanica delle emozioni, che esplora con attenzione e profondità, quasi lispectoriano nella ricerca di ciò che si cela dietro all'apparenza e insieme nel non volerlo scoprire per continuare a sognarlo e spingersi sempre oltre.
Il protagonista è una personalità scissa, che vive il disagio esistenziale della sua situazione, un individualista impegnato nell'introspezione in un ambiente, quello dell'omologazione dell'Est Europa, che guarda con sospetto queste tendenze "devianti". Un uomo alla ricerca spasmodica di un equilibrio che prova a costruire sulle sabbie mobili di un rapporto con gli altri che sembra necessitare sempre di un "terzo" attore, di un altro punto di vista che invece di chiarire la situazione non può fare altro che complicarla. Un uomo che guarda dentro se stesso lasciandosi guidare dall'emotività, dalle sensazioni più che dal raziocinio, forze che invece di avvinarlo alla riva lo spingono sempre più verso le acque alte e pericolose delle contraddizioni, spinte centrifughe che cerca di bilanciare senza riuscire a raggiungere quell'armonia alla quale tende. Un'anima che vive la realtà dell'inverosimiglianza e si affanna nella ricerca di una terza via tra pensiero etico ed estetico, finendo schiacciata dal castello delle sue congetture e dal peso della relatività delle cose.
Lettura difficile ma sicuramente sorprendente, importante e stimolante.
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