Una macchina ferma dietro la curva.
Un uomo e una donna, le loro voci.
Un uomo e una donna, le loro voci.
Le parole di lui, tagli nel silenzio.
Il riso di lei, profumo di fresco.
Comparse che recitano la vita, indifferenti al palco.
Pesci rossi che si corteggiano, ignari del vetro.
L'uomo ha una macchina fotografica
la donna è in posa
come statua davanti al mare.
Lui si avvicina e si allontana, cerca la messa a fuoco,
lei si aggiusta i capelli, lotta con il vento,
bella come Venere che esce dalle acque.
Fotografie,
una dietro l'altra.
Timbri sul passaporto
nodi al fazzoletto per non dimenticare.
Osservo non visto la scena:
l'uomo che sceglie la luce migliore, che regola l'esposizione,
che calcola il dettaglio e poi scatta un'altra foto.
L'uomo che rincorre la sua idea del mare,
farfalla che sfugge ogni volta
dalle maglie - troppo larghe - della rete.
Il vento di tramontana ha spazzato in un canto le nuvole,
il cielo si veste di un celeste sfacciato,
splendente come la tovaglia buona,
tirata fuori per l'occasione.
L'uomo e la donna passano,
e scattano foto.
Trofei, da esibire al ritorno,
domani, quando oggi sarà stato tanto tempo fa.
[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]
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