Un giorno gli chiesi dove fosse stato.
Mi disse che aveva disceso un fiume che unisce il Messico con
l'America Centrale. Che io sappia, quel fiume non esiste. Mi disse,
però, che aveva disceso quel fiume e che ora poteva dire di
conoscerne tutti i meandri e gli affluenti. Un fiume d'alberi o un
fiume di sabbia o un fiume d'alberi che a tratti si tramutava in un
fiume di sabbia. Un flusso costante di gente senza lavoro, di poveri
e di morti di fame, di droga e di dolore. Un fiume di nubi su cui
aveva navigato per dodici mesi e lungo il quale aveva trovato
innumerevoli isole e paesi, anche se non tutte le isole erano
abitate, e dove a volte aveva creduto di rimanere a vivere per sempre
o di morire.
Di tutte le isole visitate, due erano
portentose. L'isola del passato, disse, dove esisteva solo il tempo
passato e nella quale gli abitanti si annoiavano ed erano
ragionevolmente felici, ma dove il peso dell'illusione era tale che
l'isola affondava nel fiume ogni giorno un poco di più. E l'isola
del futuro, dove l'unico tempo che esisteva era il futuro, e i cui
abitanti erano sognatori e aggressivi, così aggressivi, disse
Ulises, che probabilmente avrebbero finito per mangiarsi gli uni con
gli altri.
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