Raccolta di racconti dove la prima cosa che si nota è la forte caratterizzazione linguistica dei personaggi, così ben individuabili dalle loro voci che nei dialoghi spesso non è necessario specificare chi sta parlando. Un'originalità che però non è mai fine a se stessa, ma funzionale alla trama che viene raccontata; non c'è manierismo, compiacimento o voglia di stupire, ma solo esigenza di capire.
E da capire c'è molto, perché l'universo che Saunders racconta è decisamente problematico, difficile da mettere a fuoco, perché abitato da personaggi che vivono chiusi nel loro mondo fino ad arrivare al punto da comunicare per immagini, come il protagonista di Croci che affida ad un simbolo il compito di rappresentarlo, di fare da tramite tra sé e gli altri.
Si va avanti con un ritmo sincopato, caratterizzato da cambi di prospettiva e di registri narrativi sia all'interno di ogni singolo racconto che tra una storia e l'altra. Si passa da storie che parlano della vita reale ad altre ambientati in mondi (forse) impossibili, si passa dalla farsa alla tragedia come se fossimo sulle montagne russe ma la bravura da Saunders sta nel governare alla perfezione il materiale che ha a disposizione grazie ad una scrittura sempre chiara, mai “eccessiva”.
I personaggi di “Dieci dicembre” sono genitori che credono di adottare i comportamenti più adatti per entrare in sintonia con i figli mentre in realtà non si rendono conto di quanto sono lontani da loro, sono bambini (ed adulti) che faticano a prendere decisioni perché schiacciati dal senso del dovere, dai sensi di colpa, da vissuti familiari o da quella voce interiore che invece di suggerire loro cosa fare finisce per aumentare la confusione.
Sono personaggi che spesso hanno difficoltà a verbalizzare e più che parlare monologano, vivono in un mondo di fantasia diverso da quello reale. E gli altri? Gli altri vivono nell'idea che ci facciamo di loro, ed è sempre un'idea imprecisa, sono un termine di paragone, un confronto che ci spinge a comportarci in maniera tale da cercare di reggere il confronto.
Racconti sulla difficoltà di comunicare, quindi, ma che lasciano aperto uno spiraglio. L'occhio con cui Saunders guarda ai suoi personaggi è sempre un occhio compassionevole ed in questo mi sembra di scorgere più di una analogia con David Foster Wallace.
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