sabato 15 febbraio 2014

Parole povere



Uno, in piedi, conta gli spiccioli sul palmo 
l'altro mette il portafoglio nero 
nella tasca di dietro dei pantaloni da lavoro. 

Una sarchia la terra magra di un orto in salita 
la vestaglia a fiori tenui 
la sottoveste che si vede quando si piega. 

Uno impugna la motosega 
e sa di segatura e stelle. 

 Uno rompe l'aria con il suo grido 
perché un tronco gli ha schiacciato il braccio 
ha fatto crack come un grosso ramo quando si è spezzato 
e io c'ero, ero piccolino. 

Uno cade dalla bicicletta legata 
e quando si alza ha la manica della giacca 
strappata e prova a rincorrerci. 

Uno manda via i bambini e le cornacchie 
con il fucile caricato a sale. 

Uno pieno di muscoli e macchie sulla canottiera 
Isolina portami un caffè, dice. 

Uno bussa la mattina di Natale 
con una scatola di scarpe sottobraccio 
aprite, aprite. È arrivato lo zio, è arrivato 
zitto zitto dalla Francia, dice, schiamazzando. 

 Una esce di casa coprendosi un occhio con il palmo 
mentre con l'occhio scoperto piange. 

Una ride e ha una grande finestra sui denti davanti 
anche l'altra ride, ma non ha né finestre né denti davanti. 

Una scrive su un involto da salumiere 
sono stufa di stare nel mondo di qua, vado in quello di là.

Uno prepara un cartello 
da mettere sulla sua catasta nel bosco 
non toccarli fatica a farli, c'è scritto in vernice rossa. 

Uno prepara una saponetta al tritolo 
da mettere sotto la catasta e il cartello di prima 
ma io non l'ho visto. 

Una dà un calcio a un gatto 
e perde la pantofola nel farlo. 

Una perde la testa quando viene la sera 
dopo una bottiglia di Vov. 

Una ha la gobba grande 
e trova sempre le monete per strada. 

Uno è stato trovato 
una notte freddissima d'inverno 
le scarpe nella neve i disegni della neve 
sul suo petto. 

Uno dice qui la notte viene con le montagne all'improvviso 
ma d'inverno è bello quando si confondono 
l'alto con il basso, il bianco con il blu. 

Uno con parole proprie 
mette su lì per lì uno sciopero destinato alla disfatta 
voi dicete sempre di livorare 
ma non dicete mai di venir a tirar paga 
ingegnere, ha detto. Ed è già 
il ricordo di un ricordare. 

Uno legge Topolino 
gli piacciono i film di Tarzan e Stanlio e Ollio 
e si è fatto in casa una canoa troppo grande 
che non passa per la porta. 

Uno l'ho ricordato adesso adesso 
in questo fioco di luce premuta dal buio 
ma non ricordo che faccia abbia. 

Uno mi dice a questo punto bisogna mettere 
la parola amen 
perché questa sarebbe una preghiera, come l'hai fatta tu. 

E io dico che mi piace la parola amen 
perché sa di preghiera e di pioggia dentro la terra 
e di pietà dentro il silenzio 
ma io non la metterei la parola amen 
perché non ho nessuna pietà di voi 
perché ho soltanto i miei occhi nei vostri 
e l'allegria dei vinti e una tristezza grande.

[Pierluigi Cappello: "Mandate a dire all'imperatore"]

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