Semplice è la
scrittura de “Gli uccelli”, un discorso indiretto libero che supporta una
narrazione lineare, scorrevole e senza fronzoli. Scrittura semplice e onesta,
perché l’autore racconta le cose per come le vede e le pensa, senza
ammiccamenti al lettore, senza dire una cosa per suggerirne un’altra.
L’idiota - si diceva -
è Mattis, che abita con la sorella in
una casa ai limiti del villaggio. Ai margini, come ai margini è la sua vita. È affascinato
dalla triade Bellezza-Forza-Intelligenza che vede dominare intorno a sé e
sapendo di essere sprovvisto di tutte queste qualità che sembrano essere
fondamentali per farsi strada nel mondo, lui sogna, immagina una realtà nella
quale poter essere protagonista. Mattis non comunica secondo gli schemi dell’altra
gente, lui ha altre priorità. Loro camminano, sudano, faticano per arrivare
alla fine della giornata. Lui invece vola. Passa sopra a tutto, vive una vita
fatta di intuizioni, di associazioni di idee, di pensieri che appaiono improvvisamente
alla sua mente e la attraversano con la velocità del fulmine, pensieri dei
quali lui non capisce il senso. Mattis vive di emozioni e sensazioni. Per lui
non esistono confini, lui parla con gli uccelli. E gli uccelli gli rispondono. Mattis
vede e sente quello che gli altri, crescendo, hanno deciso che non si dovesse
più vedere e sentire, è come se lui avesse sviluppato la parte sbagliata
(sbagliata?) lasciando indietro quella giusta (giusta?). Come i bambini, non
comprende il significato di un ragionamento ma capta le vibrazioni che
trasmette chi gli parla, l’emotività dell’interlocutore, finendo per essere una
specie di “principe degli interstizi”, visto che per lui le pause sono più
importanti dei discorsi e decodifica meglio il non detto di quello che viene
dichiarato. Per tutto ciò Mattis è condannato al ruolo di “diverso”, perché gli
altri hanno paura della sua purezza, della sua bontà e della sua fragilità,
come se queste fossero qualità che possono essere accettate solo nei bambini, perché
portandole nel mondo adulto potrebbero rivelarsi armi in grado di minarne le
certezze.
Anche se non è in
grado di comprenderlo, Mattis sente di essere un peso per la sorella e consapevole
di non avere la capacità di prendere una decisione su quello che deve fare,
deciderà di affidarsi al vento, all’acqua, a quelle forze con le quali
intrattiene una comunicazione particolare. Nonostante finga di non saperlo, è
consapevole del destino che lo attende: la morte della beccaccia e il pino
abbattuto dal fulmine erano stati segnali che aveva già interpretato, eppure
sente che questa è l’unica strada che può percorrere, perché lui appartiene al
mondo della Natura più che a quello degli Uomini.
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