mercoledì 21 settembre 2016

Demiurgia


“Il demiurgo, diceva mio padre, non ebbe il monopolio della creazione; la creazione è un privilegio di tutti gli spiriti. La materia è dotata di una fecondità senza fine, di un'inesauribile forza vitale e al tempo stesso di un seducente potere di tentazione che ci spinge a creare. Nelle profondità della materia si delineano indistinti sorrisi, sorgono contrasti, si affollano abbozzi di forme. L'intera materia ondeggia di possibilità infinite che la percorrono con deboli fremiti. In attesa del soffio vivificatore dello spirito, essa fluttua in continuazione tentandoci con le mille curve dolci e molli che essa va farneticando nel suo cieco delirio. Priva di iniziativa propria, lascivamente arrendevole, malleabile come una donna, docile ad ogni impulso, essa costituisce un territorio fuori legge, aperto ad ogni genere di ciarlatanerie e dilettantismi, il regno di tutti gli abusi e di tutte le dubbie manipolazioni demiurgiche. La materia è l'entità più passiva e indifesa del cosmo. Ognuno può plasmarla, modellarla, a ognuno essa obbedisce. Tutte le organizzazioni della materia sono instabili e fragili, facili a regredire e a dissolversi. Non c'è alcun male a ridurre la vita ad altre e nuove forme. 

Non esiste la materia morta, insegnava, la morte è solo un'apparenza dietro cui si celano ignote forme di vita. La gamma di queste forme è infinita, i toni e le sfumature, inesauribili.

Troppo a lungo abbiamo vissuto sotto l'incubo dell'irraggiungibile perfezione del Demiurgo, diceva mio padre, troppo a lungo la perfezione della sua opera ha paralizzato il nostro slancio creativo. Non vogliamo competere con lui. Non abbiamo l'ambizione di eguagliarlo. Vogliamo essere creatori in una sfera nostra, inferiore, aspiriamo a una nostra creazione, aspiriamo alle delizie della creazione, aspiriamo, in una parola, alla demiurgia.

Noi non teniamo, diceva, a opere di lungo respiro, a esseri fatti per vivere a lungo. Le nostre creature non saranno eroi di romanzi in più volumi. La loro parte sarà breve, lapidaria, i loro caratteri a una sola dimensione. Spesso, per un solo gesto, per una sola parola, ci prenderemo la briga di chiamarli alla vita un unico istante. Lo riconosciamo apertamente: non insisteremo né sulla durata, né sulla solidità dell'esecuzione, le nostre creazioni saranno quanto mai provvisorie, fatte per servire una volta soltanto.

Riporremo le nostre ambizioni in questo fiero motto: un attore per ogni gesto. Per ogni parola, per ogni azione, chiameremo alla vita un uomo diverso. Così piace a noi, e a piacer nostro sarà il mondo. Il Demiurgo si innamorò di materiali sperimentati, perfezionati e complessi; noi daremo la preferenza alla paccottiglia. E questo semplicemente perché ci affascina, ci incanta il basso costo, la mediocrità, la volgarità del materiale.

Questo è il nostro amore per la materia come tale, per la sua pelosità e porosità, per la sua unica, mistica consistenza. Il Demiurgo, grande maestro e artista, la rende invisibile, la fa sparire dietro il gioco della vita; Noi, invece, amiamo la sua dissonanza, la sua resistenza, la sua maldestra rozzezza. Ci piace vedere dietro ogni gesto, ogni movimento, il suo sforzo greve, la sua inerzia, la sua mite goffaggine da orso.

noi vogliamo creare una seconda volta l'uomo, a immagine e somiglianza di un manichino.

La materia non vuol saperne di scherzi. E' sempre piena di tragica serietà. Chi oserebbe pensare che si può giocare con la materia, che si può darle forma per scherzo, e che tale scherzo non penetra in essa, non vi si insinua immediatamente, come il destino, come una fatalità?


Piangete, signore mie, sul vostro destino, a vedere la miseria della materia prigioniera, della materia oppressa, che non sa chi è, né perché, né a cosa mira quell'atteggiamento che le è stato imposto una volta per sempre.”

[Bruno Schulz: "Le botteghe color cannella]

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