C è un romanzo complesso, che dietro l’apparenza di
uno stile “classico” nasconde una ricerca quanto mai moderna. In superficie corre
una trama lineare ma metafore, sottotesti, simboli e intertestualità aprono gli
spazi a interpretazioni e chiavi di lettura che scavano parecchio in
profondità. Un Pynchon travestito da E.M. Forster, verrebbe da dire, per un
libro che si può leggere sia in orizzontale che in verticale.
Le vicende di Serge Carrefax, il
protagonista della storia sono legate a doppio filo con il tema portante del
romanzo, la divulgazione delle informazioni: da quella verbale al linguaggio
dei segni, dai primi esperimenti di trasmissione senza fili alle onde sonore ai messaggi subliminali, con
corollario di crittografia e interferenze. Terreno complesso sul quale si
combattono conflitti non da poco, come
quelli tra ordine e disordine, superficie e profondità, corpo e anima,
razionalità e arte.
C è un romanzo circolare (che inizia e finisce con
il richiamo kafkiano allo scarabeo) e complesso, a cominciare dal titolo che
allude in mille direzioni diverse senza indicarne nessuna: C come Carrefax, ma
anche come cloroformio (che usa la madre di Serge), cianuro (la sorella) e
cocaina (il protagonista stesso). C come crittografia, carbonio… C come altre
mille parole che saltano fuori dalle pieghe della storia e che individuano
altrettante piste che il lettore potrà divertirsi a seguire, magari con il
rischio di approdare lontanissimo da dove era partito.
C, in ultima analisi è un romanzo sul messaggio e
sulla sua interpretazione, sulla ricerca del punto ultimo, quello dove spazio e
tempo si fondono, sul tentativo di trovare un senso alla vita, senso che
McCarthy, in accordo con la sua appartenenza alla International Necronautical
Society, sembra voler individuare nella morte.
Al
punto fermo del mondo che ruota. Né corporeo né incorporeo;
Né
muove da né verso; al punto fermo, là è la danza,
Ma
né arresto né movimento. E non la chiamate fissità,
Quella
dove sono riuniti il passato e il futuro. Né moto da né verso,
Né
ascesa né declino. Tranne che per il punto, il punto fermo,
Non
ci sarebbe danza, e c'è solo la danza.
(T.S. Eliot – Quattro quartetti)
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