Circoletto
rosso
Reminder (questo è il titolo originale dell’opera) come
ricordo ma anche come residuo, rimanenza.
Il libro racconta la storia di un
uomo colpito da un oggetto non precisato che gli ha provocato la perdita della
memoria e che lo ha costretto a reimparare i movimenti, a capire il significato
di ogni singolo gesto prima di poterlo, lentamente, mettere in atto. Un
risarcimento multimilionario e il déjà-vu di un momento del passato (o forse
inesistente) saranno la molla che porterà il protagonista a cercare di rivivere
quel momento specifico e più in generale tutti quelli in grado di farlo sentire
vivo e sereno inscenando delle rappresentazioni il più accurate possibili. Il
risultato sarà però quello di trascinare l’uomo in un gorgo mortale, una
coazione a ripetere fatta di continue limature, di gesti rallentati
all’infinito alla ricerca di una perfezione impossibile da raggiungere perché
l’asticella delle sue ambizioni si alzerà ogni volta di una tacca, rilanciando
la sfida a se stesso fino a precipitarlo in un loop senza via d’uscita.
Déjà-vu è un’opera sorprendente, una scatola magica che
una volta aperta esplode contenuti, idee e suggestioni in ogni direzione. C’è
il tema della memoria, intesa come unico luogo dove l’uomo riesce a essere
autentico, ma c’è anche il suo contraltare, quei falsi ricordi che stanno lì a
ricordarci quanto la memoria a volte possa essere fallace. Il tema della
memoria è inevitabilmente un chiaro richiamo a Proust ma quella che ne fa
McCarthy è una rilettura attualizzata perché qui non c’è solo l’interiorizzazione
del ricordo ma anche tentativo di portarlo fuori, di inserirlo nelle realtà.
C’è poi il tema del denaro, come serpente tentatore che si insinua nelle nostre
vite e le cambia. C’è il solipsismo, l’incapacità a vivere con gli altri, l’uso
degli altri per perseguire la propria felicità. C’è la ricerca della
spontaneità, la consapevolezza che siamo tuti attori che recitano una parte
(viviamo per recitare e recitiamo per vivere). Ci sono riflessioni sul tempo
che l’uomo cerca di manovrare, manomettere, rallentare per diventarne il
dominus, con risultati disastrosi. Ci sono riflessioni sull’arte (con un
accenno michelangiolesco allo sbarazzarsi della materia in eccesso). C’è il
tema dell’inganno delle parole, che possono significare altro da quello che
sembrano (come reminder), parole che rappresentano un terreno minato perché,
analogamente al ricordo, se ripetute all’infinito si trasformano in qualcosa di
diverso. E c’è, appunto, l’infinito, simboleggiato dal numero otto che si
ripete dall’inizio alla fine del libro, il simbolo della ricerca di assoluto,
di una perfezione irraggiungibile che porta l’uomo che tenta di trascendere il
limite a precipitare nell’abisso.
Déjà-vu è un’opera vertiginosa e Tom McCarthy è
l’avanguardia. Circoletto rosso su questo nome.
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