Il
nicciano anti-socratico.
Romanzo esistenziale di raffinata
eleganza di uno degli autori sudamericani più importanti del secondo Novecento,
Glossa è anche racconto della
drammatica situazione argentina ai tempi della giunta militare, indagine
filosofica dei meccanismi che sottendono i nostri comportamenti, ma soprattutto
grande letteratura. Opera formalmente perfetta, attenta ad ogni aspetto della narrazione,
dalla scelta curatissima degli aggettivi, alle descrizioni precise dei
comportamenti che accompagnano i pensieri dei protagonisti. Il tutto espresso
attraverso un ritmo che mutua alcuni aspetti dell'oralità e che ben si accorda
alla trama, con l'uso sapiente di analessi e prolessi che danno profondità e
respiro al racconto e di metafore convincenti (una su tutte: le tre zanzare che
rappresentano i protagonisti del libro).
Glossa
è la storia di una passeggiata per
le strade del centro di Buenos Aires durante la quale Leto incontra il
Matematico e della descrizione che quest'ultimo fa di una festa alla quale
nessuno dei due ha partecipato, quella per il compleanno di Washington, un
conoscente comune. Ognuno dei due organizza nella propria testa le immagini e
gli episodi di quella sera secondo i suoi schemi, immagini ed associazioni che
con il tempo si legheranno in maniera non più districabile e andranno a formare
ricordi basati su impressioni più che sull'esperienza diretta: l'oggettività
non esiste, esiste solo il punto di vista, l'interpretazione.
Interessante osservare come la
costruzione del romanzo ricordi, per certi versi, i dialoghi platonici.
Probabilmente non è un caso, anche se forse quello che Saer vuole sottolineare
attraverso l'analogia della forma è la dissonanza con il pensiero socratico:
tutto è interpretazione.
Paradigmatiche, a questo
proposito, sono le parole che l'autore dedica a Leto: "Molti anni dopo
saprà, grazie a prove successive, che ciò che altri chiamano carattere, stile,
personalità non è altro che una serie di ripetizioni irrazionali la cui natura
è oscura soprattutto all'individuo che costituisce il terreno su cui si
manifestano, e ciò che altri chiamano vita è una serie di riconoscimenti a
posteriori dei luoghi in cui una deriva cieca, incomprensibile e senza fine va
depositando, loro malgrado, gli individui eminenti che dopo essere stati
trascinati da essa si mettono a elaborare sistemi che pretendono di spiegarla,
ma per il momento, a vent'anni appena compiuti, crede ancora che i problemi
abbiano una soluzione, le situazioni uno sviluppo, gli individui un carattere e
gli atti un significato." Un Saer anti-socratico, che sembra porsi senza
indugi sulla scia di Nietzsche.
Ma c'è di più: anche il dialogo,
la comunicazione appaiono all'autore difficili, per non dire impossibili. Più
che conversare, Leto e il Matematico seguono il corso dei loro pensieri, le
conversazioni sono in realtà il frutto di incroci casuali, come due rette che
si incontrano in un punto ma che stanno seguendo traiettorie diverse. Ognuno
parla a se stesso, vive la propria storia che non è e non può essere quella
dell'altro: la verità assoluta non esiste.
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