sabato 23 marzo 2019

Juan José Saer – Glossa



Il nicciano anti-socratico.

Romanzo esistenziale di raffinata eleganza di uno degli autori sudamericani più importanti del secondo Novecento, Glossa è anche racconto della drammatica situazione argentina ai tempi della giunta militare, indagine filosofica dei meccanismi che sottendono i nostri comportamenti, ma soprattutto grande letteratura. Opera formalmente perfetta, attenta ad ogni aspetto della narrazione, dalla scelta curatissima degli aggettivi, alle descrizioni precise dei comportamenti che accompagnano i pensieri dei protagonisti. Il tutto espresso attraverso un ritmo che mutua alcuni aspetti dell'oralità e che ben si accorda alla trama, con l'uso sapiente di analessi e prolessi che danno profondità e respiro al racconto e di metafore convincenti (una su tutte: le tre zanzare che rappresentano i protagonisti del libro).
Glossa è la storia di una passeggiata per le strade del centro di Buenos Aires durante la quale Leto incontra il Matematico e della descrizione che quest'ultimo fa di una festa alla quale nessuno dei due ha partecipato, quella per il compleanno di Washington, un conoscente comune. Ognuno dei due organizza nella propria testa le immagini e gli episodi di quella sera secondo i suoi schemi, immagini ed associazioni che con il tempo si legheranno in maniera non più districabile e andranno a formare ricordi basati su impressioni più che sull'esperienza diretta: l'oggettività non esiste, esiste solo il punto di vista, l'interpretazione.
Interessante osservare come la costruzione del romanzo ricordi, per certi versi, i dialoghi platonici. Probabilmente non è un caso, anche se forse quello che Saer vuole sottolineare attraverso l'analogia della forma è la dissonanza con il pensiero socratico: tutto è interpretazione.
Paradigmatiche, a questo proposito, sono le parole che l'autore dedica a Leto: "Molti anni dopo saprà, grazie a prove successive, che ciò che altri chiamano carattere, stile, personalità non è altro che una serie di ripetizioni irrazionali la cui natura è oscura soprattutto all'individuo che costituisce il terreno su cui si manifestano, e ciò che altri chiamano vita è una serie di riconoscimenti a posteriori dei luoghi in cui una deriva cieca, incomprensibile e senza fine va depositando, loro malgrado, gli individui eminenti che dopo essere stati trascinati da essa si mettono a elaborare sistemi che pretendono di spiegarla, ma per il momento, a vent'anni appena compiuti, crede ancora che i problemi abbiano una soluzione, le situazioni uno sviluppo, gli individui un carattere e gli atti un significato." Un Saer anti-socratico, che sembra porsi senza indugi sulla scia di Nietzsche.
Ma c'è di più: anche il dialogo, la comunicazione appaiono all'autore difficili, per non dire impossibili. Più che conversare, Leto e il Matematico seguono il corso dei loro pensieri, le conversazioni sono in realtà il frutto di incroci casuali, come due rette che si incontrano in un punto ma che stanno seguendo traiettorie diverse. Ognuno parla a se stesso, vive la propria storia che non è e non può essere quella dell'altro: la verità assoluta non esiste.

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