Non
alla moglie, né allo stato e neppure al lettore
Buenos Aires, anni Settanta.
Rodolfo Kreck è un uomo ordinario: emigrante istriano, assicuratore,
"incline sempre a riflettere sul passo più prudente da fare",
"attaccato alle circostanze immediate" e convinto fin da giovane
"che quando si viaggia il bagaglio più importante è se stessi", uomo
le cui riflessioni "escludevano l'illusione o il sogno facile, che Kreck
considerava imperdonabili, frutto, piuttosto, dell'impazienza". Un uomo
che si muove nel mondo con circospezione, cercando di passare inosservato e che
anche nelle scelte del cuore è "più attratto dall'aspetto di serietà che non dalla bellezza della
ragazza". Corretto e rigoroso, Kreck "provava orrore anche per la più
piccola bugia e si era sempre imposto il silenzio quando in qualche circostanza
particolare non poteva dire la verità". "Lo si sarebbe a stento
potuto separare, a prima vista, dall'idea convenzionale dell'impiegato
corretto, quasi anonimo, il cui compito sembrerebbe consistere in una stessa e
infinita risistemazione di circostanze che si ripetono ugualmente all'infinito.
Solo che Kreck" – scrive Prenz – " prendeva questa apparentemente
miserabile consuetudine come una vasta geografia sulla quale poter dispiegare
quella felicità minima, quotidiana, di osservare il vasto mondo che lo
circondava."
Un uomo qualunque che osserva il
mondo con occhio contemplativo,
impegnato a comprendere il senso del quotidiano e a vivere più dentro di
sé che fuori e che ad un certo punto decide di affittare un appartamento, tenendo
tutti all'oscuro della sua decisione.
È concesso all'uomo ritagliarsi
uno spazio privato, che sia solo suo, senza dover giustificare i motivi di
questa scelta alla moglie, ai colleghi e neppure al lettore? Non nell'Argentina
degli anni Settanta, quella dei Generali e dei desaparecidos, uno stato di
polizia dove ogni comportamento del
singolo è spiato e poi interpretato in termini di pericolosità per il potere,
uno stato dove "la giustizia è un'astrazione e ciò che si vede sotto il
suo nome non sono che i meccanismi che ogni società ha per difendersi dai
propri nemici".
Kreck diventa così un personaggio
kafkiano, la vittima di un sistema che non riesce a comprendere e cerca di
adattarsi alla vita da recluso con la stessa docilità con cui da emigrante si era adattato alla vita nel
Nuovo Mondo. Non c'è rabbia da parte sua, solo incredulità e difficoltà a
capire le cose del mondo, gli uomini, la politica.
Prenz conduce la trama con un
ritmo compassato e preciso che ricorda l'ultimo Saramago e attraverso una
narrazione a più voci si arriva a un finale diverso da quello che si immagina e
ad un sorprendente cambiamento di paradigma che trasforma il libro da romanzo
dell'assurdo in romanzo dell'assenza. Kreck non si piegherà e il segreto della
sua doppia vita sarà destinato a restare tale, l'oscurità che regna sopra la
superficie trasparente del suo animo non si svelerà e a nessuno sarà mai
permesso di accedere alla sua interiorità, non alla moglie, né allo Stato e
neppure al lettore.
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