"Muoviti, vai. Beato è colui
che parte."
I
vagabondi è un romanzo molto sui
generis, costituito da frammenti più o meno eterogenei legati tra loro dalla
voce dell'autrice che spesso racconta in prima persona e dall'argomento
trattato che è quello del nomadismo. Attenzione, però: il libro è del 2007, qui
si parla di un vagabondare per scelta e non per necessità, questo per dire che
la questione dei migranti non sembra essere uno degli obiettivi della
Tokarczuk.
La narrazione per episodi era già
stata sperimentata dalla scrittrice polacca in Casa di giorno, casa di notte ma lì era giustificata dalla volontà
di fare emergere l'anima del villaggio di Nowa Ruda attraverso le vicende dei
suoi personaggi, brandelli di vita vissuta che andavano a cucire insieme un
tessuto quanto mai colorato, qui invece la frammentarietà sembra essere elevata
a sistema, quasi fosse l'unico modo per raccontare la complessità e la
pluralità di voci che caratterizzano i nostri tempi.
I
vagabondi è il racconto di
mille viaggi: nel tempo e nello spazio, nella realtà e nella fantasia e anche
all'interno del corpo umano, ma è anche un viaggio tra le pagine del libro, un
girovagare sulle ali della curiosità senza uno scopo preciso, senza una meta da
inseguire. Certo, per viaggiare sono necessarie le mappe e Tokarczuk non
dimentica nemmeno queste: tentativi di schematizzare, di rappresentare la
realtà, di collegare un punto ad un altro illudendosi che dare un nome a cose e
luoghi significhi conoscerli, uno strumento per approssimarsi all'intero senza
mai raggiungerlo perché i collegamenti tra le cose sono casuali, inesplicabili
e allora la mappa che ci ritroviamo in mano sembra creata dal cartografo Zenone
«secondo cui ogni distanza è in sé infinita, ogni punto apre un nuovo spazio
impossibile da percorrere e ogni movimento è un'illusione, ciascuno di noi
viaggia sul posto.»
Il viaggio come fine e non come
mezzo, muoversi non per arrivare da qualche parte ma per sfuggire al controllo,
per non dare punti di riferimento a che vuole controllarci:
«Dondola, continua, muoviti.»
diceva con tono apocalittico la Fuggiasca Intabarrata «É l'unico modo che hai
di sfuggirgli. Colui che governa il mondo non ha potere sul movimento e sa che
il nostro corpo in movimento è sacro, solo allora potrai sfuggirgli, una volta
che sarai partita. Lui regna su ciò che è immobile e congelato, su ciò che è
passivo e inerte.
Quindi vai, dondola, cammina,
corri, scappa perché il momento che ti dimenticherai e ti fermerai, le sue
grandi mani ti afferreranno e ti trasformeranno in un burattino. […] Lui
trasformerà la tua anima scintillante e colorata in una piccola anima piatta,
ritagliata dalla carta, dal giornale, e ti minaccerà con il fuoco, con la
malattia e la guerra, ti spaventerà fino a quando perderai la pace e smetterai
di dormire. Ti contrassegnerà e ti iscriverà nel suo registro, ti darà un
documento della tua caduta. Ti occuperà la mente con cose poco importanti, cosa
comprare e cosa vendere, dove conviene di più e dove è più caro. Da questo
momento ti preoccuperai di inezie. […]
Per questo i tiranni di ogni tipo,
servitori infernali, hanno nel sangue l'odio per i nomadi – per questo
perseguitano i gitano e gli ebrei, per questo costringono a diventare
sedentarie tutte e persone libere, marcandole con un indirizzo che diventa la
nostra sentenza.
Quello che vogliono è costruire un
ordine solido, rendendo il trascorrere del tempo soltanto un'apparenza.
Vogliono che i giorni si ripetano tutti uguali e non si distinguano e costruire
una grande macchina nella quale ogni creatura dovrà occupare un proprio posto
ed eseguire movimenti apparenti. […]
Vogliono bloccare il mondo con
l'aiuto di codici a barre, etichettare ogni cosa, che sia chiaro di che
prodotto si tratti e quanto costa. Che questa nuova lingua straniera sia
illeggibile agli uomini, che la possano leggere soltanto le macchine e i
distributori; così che di notte, nei grandi negozi sotterranei, possano organizzare
letture delle proprie poesie in codici a barre.
Muoviti, vai. Beato è colui che
parte.»
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