Nell'agosto del 1992 Sebald inizia un viaggio a piedi attraverso la contea del Suffolk, in Inghilterra, "con la speranza di sfuggire al vuoto che si stava diffondendo in me". È un viaggio colto lungo le strade della memoria, tra il disordine di ricordi, pensieri e associazioni di idee che dilatano i loro confini fino a creare un territorio a metà strada tra reale e letterario, uno spazio nel quale l'autore (e noi con lui) si perde.
"L’invisibilità e l’inafferrabilità di ciò che ci fa muovere, questo è rimasto un enigma, alla fin fine insondabile, anche per Thomas Browne che considerava il nostro mondo solo come l’ombra di un altro. Egli ha quindi sempre cercato, nelle sue riflessioni e nei suoi scritti, di considerare l’esistenza terrena, le cose a lui più vicine così come le sfere dell’universo, dal punto di vista di chi ne è al di fuori, anzi si potrebbe dire con lo sguardo del Creatore. E per attingere le vette, indispensabili da raggiungere a tale scopo, l’unico mezzo che gli si prospettava era quello di un pericoloso volo ad alta quota sulle ali del linguaggio."
Le cose passano, e noi camminiamo sulle macerie di mondi trascorsi e costruiti uno sull'altro come le mura di Troia. La storia è una storia dell'evoluzione e della distruzione, la memoria un velo attraverso il quale guardiamo il passato.
Troppe cose sono successe prima di noi e ciò vanifica la possibilità di riportarle in vita con il ricordo. E allora perché scriverne?
"a chi ce lo domandasse non sapremmo dire perché continuiamo a scrivere, se per abitudine o per ambizione, oppure perché non abbiamo imparato a fare altro, o per la meraviglia che ci prende davanti alla vita, o magari per amore della verità, per disperazione o indignazione, così come non sapremmo mai dire se scrivere accresca in noi la saggezza o la follia. E forse tutti noi perdiamo la visione d’insieme appunto perché intenti a costruire ciascuno la propria opera, ed è magari per questo che tendiamo poi a confondere la complessità crescente delle nostre costruzioni mentali con un progresso nella conoscenza, mentre nel contempo già intuiamo l’impossibilità di capire gli imponderabili che davvero determinano il corso della nostra esistenza.""Scrivere – conclude Sebald – è l'unico modo che conosco per difendermi dai ricordi. Se restassero chiusi nella mia memoria, con il passar del tempo diventerebbero sempre più gravosi, al punto che finirei per crollare sotto il loro peso via via crescente. Per mesi, per anni, i ricordi dormono dentro di noi e vanno in silenzio lussureggiando, finché un evento irrilevante li ridesta ed essi ci rendono singolarmente ciechi per la vita. Quante volte ho dunque percepito i miei ricordi e la loro trasposizione sulla carta come una faccenda umiliante e, in fin dei conti, esecrabile! Eppure, che cosa saremmo mai senza il ricordo? Non saremmo in grado di mettere ordine nemmeno tra i pensieri più semplici, il cuore più ardente perderebbe la capacità di volgersi con simpatia a un altro, la nostra esistenza consisterebbe soltanto in una successione infinita di momenti privi di senso, e non vi sarebbe più traccia di un qualche passato. Che miseria, la nostra vita! Così piena di idee insensate, così vana da non sembrar altro, a un dipresso, che l’ombra delle chimere generate dalla nostra memoria. Sempre più terribile si manifesta in me la sensazione di un’infinita lontananza. ".
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