domenica 16 ottobre 2011

Atene, 600 a.C. circa

4

La nostra città non perirà per volontà di Zeus:
non è questo il destino, non è questo il disegno degli dèi.
Una dea dal grande animo ci protegge, Pallade Atena,
figlia di altissimo padre, e tiene la sua mano si di noi.
Ma sono i cittadini stessi che vogliono distruggere
la grande patria - ciechi! - sedotti dal denaro,
e la mente ingiusta dei capi: ma li attende certo,
per la loro violenza, immenso male.
Sazietà non sanno, né godere con mente serena
le gioie lecite del convivio.
...
arricchiscono sedotti da azioni ingiuste
...
proprietà sacre o pubbliche non rispettano,
ma rapinano con violenza da ogni parte,
e dimenticano i sacri fondamenti di Giustizia:
tace, Giustizia, ma ciò che è stato conosce e ciò che sarà,
e col tempo giunge, sino in fondo, a compiere vendetta.
Una ferita senza scampo raggiunge la città intera
- di colpo è diventata schiava -
e schiavitù desta la lotta civile e la guerra addormentata,
e tanta bella gioventù andrà a morte.
Per colpa dei nemici la nostra amata patria presto
in alleanza ingiuste si consumerà.
Questi i mali che serpeggiano nel popolo: i poveri,
molti vanno in terre lontane,
venduti schiavi, in catene indegne
...
il male comune bussa alla porta del singolo,
e le porte non vogliono fermarlo,
e balza oltre l'alta muraglia, e tutti sorprende
e non serve fuggire in rifugi nascosti.
Questo il mio cuore mi impone di insegnare
agli Ateniesi: il malgoverno porta immensi mali.
Il buongoverno illumina ordine e giustizia, 
e sa avvincere in catene gli ingiusti;
appiana le asperità, frena la sazietà, oscura la violenza,
disseca al nascere i fiori di rovina,
raddrizza le leggi storte, addolcisce la superbia,
calma le opere di discordia civile,
calma il fiele di rovinosa contesa: con lui
tutto fra gli uomini è misura e saggezza.

[Solone]


venerdì 14 ottobre 2011

giovedì 13 ottobre 2011

Posso solo restare immobile, osservare
il movimento delicato delle foglie, dorate
prima, poi gelidamente verdazzurre,
con lo sparire del sole di settembre
(e l'apparire di fumiganti brume,
di umidi vapori); e i digradanti colori delle felci
dal giallo al bruno, con punte di rossastro;
o poco più in là l'arabesco
di foglie e ricci, col brulichio consueto di formiche
nel terriccio, attorno a vecce, chanterelles
 e cortecce squamose, umidicce;
e ubriacarmi dell'odore di legna
nel profondo del bosco.


[Fabio Pusterla: "Le terre emerse"]

sabato 8 ottobre 2011

La notte

Poi la notte ti verrà in aiuto
- e solo allora, alla luce di terrificanti esperienze appena vissute,
ti saranno rivelate molte cose semplici, e al tempo stesso difficili.
Perché se non c'è rischio, se non c'è pericolo, se non c'è dolore e follia,
non c'è nulla.
Il giorno è per respirare, per salutare, per spostare mobili e cambiare di posto ad alcune cose;
il giorno è di uffici, di alterchi e discussioni e di gente buona e ottimista,
e di piccoli odii e di gare di velocità, per vedere chi arriva primo.
Il giorno è la superficie del mondo.
La notte no.
La notte è la notte.
La notte, nelle profondità, ha immaginato una beffa greve - perché la notte scrive
per cercare e trovare.
La notte propizia per perdersi e scomparire, per rinascere e morire, in oscurità che ti parlano e ti additano.
Per questo la luce della notte è una luce a parte: molte cose, molto strane,
s'illuminano alla luce della notte
- le cose ritornano a essere come sono, e noi stessi possiamo essere quello che siamo.


[Jaime Saenz: "Percorrere questa distanza"]

mercoledì 5 ottobre 2011


Capita anche a te di guardare le stelle
e dimenticare che sei vivo perché entri nei pensieri
e ti svegli dopo un po' senza sapere dove sei ma è molto
          bello?


Perché a me le parole scorrono via così veloci
che me ne basta una sola per fare un romanzo; luna,

per esempio, se penso luna è abbastanza.


Ma soprattutto, quando guardo le stelle,
mi viene in mente un'altra parola, spazio,
è molto più di un romanzo, ma non ci sono tante pagine.

C'è una pagina sola, smisurata.

Sai cosa faccio quando faccio queste cose? Meditazione.
Io almeno faccio così, magari gli altri 
la chiamano in altri modi. Ma io medito.



[Fabio Pusterla: "Terre emerse"]