lunedì 9 aprile 2012
Sul concetto di tempo
...ancora oggi non riesco a essere preciso e a dare giudizi definitivi su qualsiasi cosa sia collegabile, anche in minima parte, al concetto di tempo. E' come se tra noi e lui, il tempo, ci fosse una sorta di malinteso, di confusione, come se non tutto fosse a posto. I nostri calendari sono basati sull'arbitrio: i numeri che vi sono scritti non significano niente, non sono garantiti da niente, come soldi falsi. Perché, per esempio, dopo il primo di gennaio deve venire il due e non subito il ventotto? E possono forse i giorni susseguirsi l'uno l'altro, e basta? Non è un'assurdità poetica la successione dei giorni? Ma non c'è nessuna successione, i giorni vengono quando uno di loro si sente di venire, e qualche volta ne arrivano parecchi, tutti insieme. Oppure un giorno non viene per tanto tempo.
[Sasha Sokolov: "La scuola degli sciocchi"]
sabato 7 aprile 2012
Vertigine
Dice
il dizionario: “Vertigine: illusoria sensazione che il corpo o gli
oggetti circostanti ruotino od oscillino”.
Dice
il libro di medicina: “Vertigine è la sensazione che consegue alla
modificazione dei rapporti del nostro schema corporeo con l’ambiente
che ci circonda”.
Sono
definizioni che vi soddisfano? A me per niente.
Vertigine
è di più, è qualcosa di interno, è quello che succede quando si
rompe un equilibrio al quale eravamo abituati ed improvvisamente
scopriamo di essere senza punti di riferimento e ci sentiamo nudi,
indifesi, davanti a qualcosa che non conosciamo.
Faccio
questi pensieri dopo aver faticosamente raggiunto la cima di uno
scoglio a strapiombo sul mare.
Mi sporgo con circospezione, allungo
il viso in avanti, guardo verso il basso e cosa vedo? La profondità,
l’altezza, il vuoto. Avverto chiaramente la reazione di difesa con
la quale il mio corpo reagisce alla situazione: le gambe ben piantate a terra, rigide
ma pronte a ritrarsi al primo segnale di pericolo, le braccia
staccate dal busto ed allargate a cercare il giusto bilanciamento,
nel tentativo di dare stabilità al tronco, e poi una specie di formicolio che corre veloce lungo tutto il corpo, come ad
avvertirmi del rischio incombente, e ancora, i movimenti lenti,
circospetti, gli occhi fissi, ben attenti a non lasciarsi distrarre.
In una parola: ho paura. Una paura giustificata, perché so che
cadere da lì vorrebbe dire farsi male, ma è una paura che ha anche
altre radici.
Parliamoci chiaro: il baratro che si apre sotto di me
mi attrae, è come una sirena che chiama, che mi spinge a contemplare
affascinato la grandezza del vuoto. Forse ho paura di cadere perché
sento dentro una voce che mi spinge a lasciarmi andare, una voce che
mi sussurra quanto sarebbe affascinante esplorare quel vuoto, vederlo
più da vicino…
In
fondo è la stessa cosa che succede quando mi guardo dentro, quando
rifletto su me stesso. Anche in quei momenti ho le vertigini: la
voglia di andare fino in fondo e la paura di scoprire cose di me che
potrebbero spaventarmi.
[Lars W. Vencelowe: "Pensiei, parole, opere ed omissioni"]
mercoledì 4 aprile 2012
domenica 1 aprile 2012
Giocare con i sogni
Vivere
in un sogno, o meglio: vivere di sogni. Sempre, anche nella vita di
tutti i giorni. Fissarsi obiettivi lontani, troppo lontani, e
perseguirli come se fossero realizzabili. E’ come un gioco.
Ho
sempre avuto questa sensazione sin da piccolo: per dedicarmi con
successo a qualche impresa, per riuscire bene in quello che faccio,
non potevo accettare imposizioni, dovevo essere io a decidere tempi e
modi ma soprattutto vivere la cosa come un gioco.
Ed
ancora oggi è così. Gioco tutti i giorni. Nella vita reale,
creandomi mete irraggiungibili. Nella scrittura, costruendo un mondo
parallelo. Alla sera, prima di dormire, quando mi immagino vite che
non vivrò mai. Probabilmente c’è una parola per definire tutto
questo, si chiama immaturità.
Lo so. E me la tengo ben stretta.
[Lars W. Vencelowe: "Pensieri, parole, opere ed omissioni"]
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