sabato 7 aprile 2012

Vertigine


Dice il dizionario: “Vertigine: illusoria sensazione che il corpo o gli oggetti circostanti ruotino od oscillino”.
Dice il libro di medicina: “Vertigine è la sensazione che consegue alla modificazione dei rapporti del nostro schema corporeo con l’ambiente che ci circonda”.
Sono definizioni che vi soddisfano? A me per niente.
Vertigine è di più, è qualcosa di interno, è quello che succede quando si rompe un equilibrio al quale eravamo abituati ed improvvisamente scopriamo di essere senza punti di riferimento e ci sentiamo nudi, indifesi, davanti a qualcosa che non conosciamo.
Faccio questi pensieri dopo aver faticosamente raggiunto la cima di uno scoglio a strapiombo sul mare. 
Mi sporgo con circospezione, allungo il viso in avanti, guardo verso il basso e cosa vedo? La profondità, l’altezza, il vuoto. Avverto chiaramente la reazione di difesa con la quale il mio corpo reagisce alla situazione: le gambe ben piantate a terra, rigide ma pronte a ritrarsi al primo segnale di pericolo, le braccia staccate dal busto ed allargate a cercare il giusto bilanciamento, nel tentativo di dare stabilità al tronco, e poi una specie di formicolio che corre veloce lungo tutto il corpo, come ad avvertirmi del rischio incombente, e ancora, i movimenti lenti, circospetti, gli occhi fissi, ben attenti a non lasciarsi distrarre. In una parola: ho paura. Una paura giustificata, perché so che cadere da lì vorrebbe dire farsi male, ma è una paura che ha anche altre radici.
 Parliamoci chiaro: il baratro che si apre sotto di me mi attrae, è come una sirena che chiama, che mi spinge a contemplare affascinato la grandezza del vuoto. Forse ho paura di cadere perché sento dentro una voce che mi spinge a lasciarmi andare, una voce che mi sussurra quanto sarebbe affascinante esplorare quel vuoto, vederlo più da vicino…
In fondo è la stessa cosa che succede quando mi guardo dentro, quando rifletto su me stesso. Anche in quei momenti ho le vertigini: la voglia di andare fino in fondo e la paura di scoprire cose di me che potrebbero spaventarmi.

[Lars W. Vencelowe: "Pensiei, parole, opere ed omissioni"]

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