E’ una selva di pini che agita le chiome dentro diga. Il Libeccio un pastore che guida le onde nella gola sotto San Pietro.
Un spruzzo si leva più alto, poi ricade con fragore sulla roccia piatta. Poi un altro, e un altro ancora.
Ma non quello.
Quello è passato, perduto per sempre.
Coltivo il ricordo, lo annaffio ogni mattino con il miele del rimpianto. Colleziono oggetti che nessuno cerca più, mi balocco con pensieri più leggeri dell’aria. Quello spruzzo è stato ieri, o mille anni fa. Quando me ne accorgo sono già oltre, dall'altra parte dello specchio. [Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]
Quando si spegne il tramonto e si accende dentro di noi la vecchia
lampada
e tutte le voci mutano dall'ira alla tristezza e dal sobborgo se ne vanno i fruttivendoli ambulanti, gli arrotini, le erbivendole, gli ombrellai, allora dal pozzo della corte escono le lumache in doppia fila, e sopra i pubblici orinatoi resta il cielo di un blu profondo, completamente immobile, inchiodato solo da una stella arrugginita.