mercoledì 14 agosto 2013
sabato 10 agosto 2013
Acque morte - Somerset Maugham
Racconto lungo, elegante e “di
scuola” dove a farla da padrone è la misura. Misura con la quale
Maugham dosa ingresso ed uscita di scena dei personaggi, misura con
la quale alterna descrizioni d'ambiente, dialoghi e riflessioni. Il
risultato finale è un romanzo dove tutto gira alla perfezione, una
trama che scorre sicura senza salti di ritmo.
Protagonista assoluto è il dottor
Saunders, tipico personaggio maughamiano che osserva la vita con
occhio cinico. Fatalista, partecipa delle cose del mondo senza
bisogni particolari da soddisfare, ma solo per il puro piacere di
farlo. Accanto a lui sfila un'umanità variegata, che invece lotta e
si sbatte per i motivi più disparati e proprio per questa incapacità
ad accettare le cose per come sono è destinata a soffrire.
C'è il capitano Nichols, figura
del furfante di basso profilo, che “deve” stare sempre un po'
oltre il limite della legalità perché solo dal malaffare trae la
sua ragione di vita, c'è Erik, l'idealista buono ed ingenuo
destinato a pagare a caro prezzo queste qualità, c'è Fred che
incarna l'ideale della gioventù, interessato solo a vivere il
momento ed a rincorrere il piacere, e poi c'è Louise, la bellezza,
figura solo apparentemente fragile e capricciosa, ma in realtà
determinata a vivere la sua vita e non quella che altri hanno scelto
per lei.
La morale? Ê lo stesso scrittore
a darci la chiave di lettura verso la fine della storia, senza che ci
si affanni a cercare interpretazioni, ed è una chiave perfettamente
coerente con lo stile del dottor Saunders/Maugham:
“La vita è breve, la natura
ostile, e l'uomo assurdo; ma, stranamente, le sventure hanno per lo
più i loro compensi e con un certo umorismo e una buona dose di
senso comune possiamo cavarcela discretamente in questa faccenda del
vivere, che dopo tutto ha ben poca importanza.”
sabato 27 luglio 2013
Un albero
alto, solitario, slanciato - la sua altezza forse
tradiva un'idea segreta di intrusione. Non diede mai
fiori né frutti, solo un'ombra lunga che divideva in due il giardino
e una misura inapplicabile agli altri alberi, carichi e curvi.
Ogni sera, quando il tramonto glorioso si spegneva,
uno strano uccello arancione si appollaiava silenzioso tra le sue fronde
come un unico frutto - una piccola campana d'oro
su un altissimo campanile verde. Quando tagliarono l'albero,
l'uccello vi volteggiava sopra con piccoli gridi feroci
disegnando cerchi nell'aria, disegnando nel tramonto
la forma inesauribile dell'albero; e quella piccola campana
sonava invisibile lassù, più alta dell'altezza dell'albero.
[Ghiannis Ritsos: "Il funambolo e la luna"]
sabato 13 luglio 2013
Due poesie (assonanze)
Vista con granello di sabbia
Lo chiamiamo granello di sabbia.
Ma lui non chiama se stesso né granello né sabbia.
Fa a meno di un nome
generale, individuale,
permanente, temporaneo,
scorretto o corretto.
Del nostro sguardo e tocco non gli importa.
Non si sente guardato e toccato.
E che sia caduto sul davanzale
è solo un’avventura nostra, non sua.
Per lui è come cadere su una cosa qualunque, senza la certezza di essere già caduto o di cadere ancora.
Dalla finestra c’è una bella vista sul lago, ma quella vista, lei, non si vede.
Senza colore e senza forma,
senza voce, senza odore e senza dolore è il suo stare in questo mondo.
Senza fondo è lo stare del fondo del lago, e senza sponde quello delle sponde.
Né bagnato né asciutto quello della sua acqua.
Né al singolare né al plurale quello delle onde, che mormorano sorde al proprio mormorio intorno a pietre non piccole, non grandi.
E tutto ciò sotto un cielo per natura senza cielo, ove il sole tramonta senza tramontare affatto e si nasconde senza nascondersi dietro una nuvola ignara.
Il vento la scompiglia senza altri motivi se non quello di soffiare.
[Wislawa Szymborska: "Vista con granello di sabbia]
Sasso
Càlati in un sasso,
io farei così.
Lascia che altri si facciano colomba
o digrignino i denti come tigri.
Mi basta essere un sasso.
All'esterno è un enigma:
nessuno sa come rispondere.
Ma fresco e quiete dev'esserci all'interno.
Anche se una mucca lo calca col suo peso,
anche se un bambino lo getta dentro un fiume;
il sasso affonda, lento, imperturbato,
fino al fondo
dove i pesci bussano alla sua soglia
e vengono a origliare.
Ho visto scintille schizzar via
quando due sassi sono strofinati,
forse là dentro non fa così buio;
forse c'è una luna che brilla
da chissà dove, spuntando magari dietro un colle -
un chiarore appena sufficiente a decifrare
quelle strane scritte, mappe stellari
sui muri interiori.
[Charles Simic: "Hotel Insomnia"]
sabato 6 luglio 2013
qualcosa che non si può sapere
Nella pennellata che trattiene l'ala dell'angelo
dalla perfezione; nella
sinapsi fra parola e parola; nella nota
che potrebbe colpire l'orecchio infinito
e salvarti: e nel
salto finale, la proda sicura e redentrice...
In tutta la bellezza c'è
qualcosa di inumano, qualcosa che non si può sapere:
nel nerbo e nel midollo d'ogni radice
d'ogni fiore; nella giuntura di sangue
d'ogni roccia; nel polmone nero d'ogni nuvola
il seme, il seme infinitesimale
che ti condanna, che ti rende nulla,
si nutre dei suoi confini e cresce.
[Charles Wright: "Breve storia dell'ombra"]
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