sabato 13 luglio 2013
Due poesie (assonanze)
Vista con granello di sabbia
Lo chiamiamo granello di sabbia.
Ma lui non chiama se stesso né granello né sabbia.
Fa a meno di un nome
generale, individuale,
permanente, temporaneo,
scorretto o corretto.
Del nostro sguardo e tocco non gli importa.
Non si sente guardato e toccato.
E che sia caduto sul davanzale
è solo un’avventura nostra, non sua.
Per lui è come cadere su una cosa qualunque, senza la certezza di essere già caduto o di cadere ancora.
Dalla finestra c’è una bella vista sul lago, ma quella vista, lei, non si vede.
Senza colore e senza forma,
senza voce, senza odore e senza dolore è il suo stare in questo mondo.
Senza fondo è lo stare del fondo del lago, e senza sponde quello delle sponde.
Né bagnato né asciutto quello della sua acqua.
Né al singolare né al plurale quello delle onde, che mormorano sorde al proprio mormorio intorno a pietre non piccole, non grandi.
E tutto ciò sotto un cielo per natura senza cielo, ove il sole tramonta senza tramontare affatto e si nasconde senza nascondersi dietro una nuvola ignara.
Il vento la scompiglia senza altri motivi se non quello di soffiare.
[Wislawa Szymborska: "Vista con granello di sabbia]
Sasso
Càlati in un sasso,
io farei così.
Lascia che altri si facciano colomba
o digrignino i denti come tigri.
Mi basta essere un sasso.
All'esterno è un enigma:
nessuno sa come rispondere.
Ma fresco e quiete dev'esserci all'interno.
Anche se una mucca lo calca col suo peso,
anche se un bambino lo getta dentro un fiume;
il sasso affonda, lento, imperturbato,
fino al fondo
dove i pesci bussano alla sua soglia
e vengono a origliare.
Ho visto scintille schizzar via
quando due sassi sono strofinati,
forse là dentro non fa così buio;
forse c'è una luna che brilla
da chissà dove, spuntando magari dietro un colle -
un chiarore appena sufficiente a decifrare
quelle strane scritte, mappe stellari
sui muri interiori.
[Charles Simic: "Hotel Insomnia"]
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