lunedì 1 dicembre 2014
domenica 23 novembre 2014
Paul Auster - Il taccuino rosso
Operazione commerciale,
rispettabile finché si vuole, ma che a me non piace.
Un libretto che si legge
in poco più di mezz'ora e si dimentica anche più velocemente.
La possibilità di
acquistare un autore famoso a un prezzo invitante è l'esca
utilizzata per ingolosire l'acquirente. Lo scopo dichiarato della
collana è quello di allargare la platea dei lettori proponendo
"assaggi" di scrittori importanti, quello reale
raggranellare qualche euro incuriosendo i non lettori e sollecitando
l'acquisto di impulso.
Visione cinica? Può
darsi, il fatto è che mi sembra tanto un'operazione tipo i-Tune
della narrativa, che offre la possibilità di scaricare un libro come
fosse una canzone. Letteratura pop? Lo ripeto, non mi piace.
Sarà che invecchio ma
per come la vedo io il libro non è un oggetto che deve essere
"fruito", "consumato", al momento. Un libro ha
bisogno di sedimentare, di rimanere dentro di me, di incontrarsi e a
volte scontrarsi con gli altri pensieri, di muovere le acque, di
provocare qualcosa che cambi o confermi quello che ero prima di
leggerlo, comunque deve aggiungere qualcosa, arricchire.
E questo vale, più o
meno, per ogni libro, anche e soprattutto per quelli che non mi sono
piaciuti perché anche quelli hanno fatto nascere delle domande,
hanno suscitato qualcosa.
Un'idea troppo romantica
della lettura? Può darsi.
Non è neppure questione di lunghezza, perché anche in cento pagine ci possono essere idee stimolanti, il punto è che ci deve essere almeno il libro perché - e qui abbandono l'involucro, il package (come si dice oggi), il simulacro (come mi verrebbe da dire parlando di certe operazioni) per arrivare alla sostanza - Il taccuino rosso altro non è che il copia e incolla di una parte di un'altra opera di Auster, Esperimento di verità, tredici "pensierini" di due o tre paginette l'uno su temi a lui cari, le coincidenze e le piccole fatalità della vita, affrontati così bene in altri volumi di sicuro spessore (penso alla Trilogia di New York e non solo) e che qui invece rimangono abortiti, lasciati desolatamente nudi e non sviluppati, abbandonate ad un veloce e malinconico oblio.
Non è neppure questione di lunghezza, perché anche in cento pagine ci possono essere idee stimolanti, il punto è che ci deve essere almeno il libro perché - e qui abbandono l'involucro, il package (come si dice oggi), il simulacro (come mi verrebbe da dire parlando di certe operazioni) per arrivare alla sostanza - Il taccuino rosso altro non è che il copia e incolla di una parte di un'altra opera di Auster, Esperimento di verità, tredici "pensierini" di due o tre paginette l'uno su temi a lui cari, le coincidenze e le piccole fatalità della vita, affrontati così bene in altri volumi di sicuro spessore (penso alla Trilogia di New York e non solo) e che qui invece rimangono abortiti, lasciati desolatamente nudi e non sviluppati, abbandonate ad un veloce e malinconico oblio.
sabato 22 novembre 2014
L'arte di vivere
Accadono molte cose nella piccola vita di tutti i giorni, ma sempre dentro gli stessi schemi, ed è soprattutto questo che ha cambiato l’immagine che ho del tempo. Infatti, mentre prima lo vedevo come una linea da lasciarsi alle spalle, con il futuro come un orizzonte lontano davanti a me, spesso luminoso e comunque mai noioso, adesso, il tempo si intreccia alla vita qui e ora in tutt'altro modo.
Se dovessi descriverlo con un’immagine, lo rappresenterei come una barca in una chiusa: la vita viene sollevata dal tempo che lento e inesorabile penetra da ogni lato. A parte i dettagli, tutto è sempre uguale a se stesso. E ogni giorno che passa aumenta la tensione verso quell'attimo in cui la vita raggiunge il culmine, l’attimo in cui la chiusa si apre e la vita torna finalmente a scorrere in avanti. Al contempo riconosco che proprio questo ripetersi, questa chiusura, questa immutabilità sono necessari, mi proteggono, perché le poche volte che le abbandono riaffiorano tutte le vecchie ferite. Improvvisamente mi ritrovo invischiato in ogni possibile pensiero su quello che è stato detto, quello che è stato visto, quello che è stato pensato, quasi come scaraventato nel territorio incontrollabile, infruttuoso, spesso degradante e a lungo andare distruttivo in cui ho vissuto per molti anni. Il desiderio di fuggire è altrettanto forte là come qua, ma la differenza è che il fine di questo desiderio è realizzabile là, ma non qua. Qua devo trovare altri scopi e farmeli bastare.
L’arte di vivere, ecco di cosa sto parlando.
[Karl Ove Knausgard: "La mia lotta(1)"]
domenica 16 novembre 2014
Dall'altra parte dello specchio
"Qualche volta in passato, in momenti di inspiegabile trasporto, nel mio studio, forse, seduto alla scrivania, sprofondato nelle parole, per quanto potessero essere spregevoli - infatti a volte perfino l’uomo mediocre è ispirato - avevo avuto l’impressione di penetrare la membrana della pura coscienza per raggiungere un altro stato, che non aveva un nome, in cui non vigevano le leggi normali, dove il tempo si muoveva in modo diverso, posto che si muovesse, dove non ero né vivo né il contrario eppure ero più incisivamente presente di quanto avrei mai potuto esserlo in quello che chiamiamo, perché costretti, il mondo reale."
[John Banville: "Il mare"]
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sabato 15 novembre 2014
Nicanor Parra - Riflessioni
RIFLESSIONI
Cos’è l’uomo
si domanda Pascal:
una potenza di esponente zero.
Nulla
paragonato al tutto
Tutto
se si paragona al nulla:
nascita più morte:
rumore moltiplicato per il silenzio:
media aritmetica fra il tutto e il niente.
si domanda Pascal:
una potenza di esponente zero.
Nulla
paragonato al tutto
Tutto
se si paragona al nulla:
nascita più morte:
rumore moltiplicato per il silenzio:
media aritmetica fra il tutto e il niente.
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