Operazione commerciale,
rispettabile finché si vuole, ma che a me non piace.
Un libretto che si legge
in poco più di mezz'ora e si dimentica anche più velocemente.
La possibilità di
acquistare un autore famoso a un prezzo invitante è l'esca
utilizzata per ingolosire l'acquirente. Lo scopo dichiarato della
collana è quello di allargare la platea dei lettori proponendo
"assaggi" di scrittori importanti, quello reale
raggranellare qualche euro incuriosendo i non lettori e sollecitando
l'acquisto di impulso.
Visione cinica? Può
darsi, il fatto è che mi sembra tanto un'operazione tipo i-Tune
della narrativa, che offre la possibilità di scaricare un libro come
fosse una canzone. Letteratura pop? Lo ripeto, non mi piace.
Sarà che invecchio ma
per come la vedo io il libro non è un oggetto che deve essere
"fruito", "consumato", al momento. Un libro ha
bisogno di sedimentare, di rimanere dentro di me, di incontrarsi e a
volte scontrarsi con gli altri pensieri, di muovere le acque, di
provocare qualcosa che cambi o confermi quello che ero prima di
leggerlo, comunque deve aggiungere qualcosa, arricchire.
E questo vale, più o
meno, per ogni libro, anche e soprattutto per quelli che non mi sono
piaciuti perché anche quelli hanno fatto nascere delle domande,
hanno suscitato qualcosa.
Un'idea troppo romantica
della lettura? Può darsi.
Non è neppure questione di lunghezza, perché anche in cento pagine ci possono essere idee stimolanti, il punto è che ci deve essere almeno il libro perché - e qui abbandono l'involucro, il package (come si dice oggi), il simulacro (come mi verrebbe da dire parlando di certe operazioni) per arrivare alla sostanza - Il taccuino rosso altro non è che il copia e incolla di una parte di un'altra opera di Auster, Esperimento di verità, tredici "pensierini" di due o tre paginette l'uno su temi a lui cari, le coincidenze e le piccole fatalità della vita, affrontati così bene in altri volumi di sicuro spessore (penso alla Trilogia di New York e non solo) e che qui invece rimangono abortiti, lasciati desolatamente nudi e non sviluppati, abbandonate ad un veloce e malinconico oblio.
Non è neppure questione di lunghezza, perché anche in cento pagine ci possono essere idee stimolanti, il punto è che ci deve essere almeno il libro perché - e qui abbandono l'involucro, il package (come si dice oggi), il simulacro (come mi verrebbe da dire parlando di certe operazioni) per arrivare alla sostanza - Il taccuino rosso altro non è che il copia e incolla di una parte di un'altra opera di Auster, Esperimento di verità, tredici "pensierini" di due o tre paginette l'uno su temi a lui cari, le coincidenze e le piccole fatalità della vita, affrontati così bene in altri volumi di sicuro spessore (penso alla Trilogia di New York e non solo) e che qui invece rimangono abortiti, lasciati desolatamente nudi e non sviluppati, abbandonate ad un veloce e malinconico oblio.
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