Accadono molte cose nella piccola vita di tutti i giorni, ma sempre dentro gli stessi schemi, ed è soprattutto questo che ha cambiato l’immagine che ho del tempo. Infatti, mentre prima lo vedevo come una linea da lasciarsi alle spalle, con il futuro come un orizzonte lontano davanti a me, spesso luminoso e comunque mai noioso, adesso, il tempo si intreccia alla vita qui e ora in tutt'altro modo.
Se dovessi descriverlo con un’immagine, lo rappresenterei come una barca in una chiusa: la vita viene sollevata dal tempo che lento e inesorabile penetra da ogni lato. A parte i dettagli, tutto è sempre uguale a se stesso. E ogni giorno che passa aumenta la tensione verso quell'attimo in cui la vita raggiunge il culmine, l’attimo in cui la chiusa si apre e la vita torna finalmente a scorrere in avanti. Al contempo riconosco che proprio questo ripetersi, questa chiusura, questa immutabilità sono necessari, mi proteggono, perché le poche volte che le abbandono riaffiorano tutte le vecchie ferite. Improvvisamente mi ritrovo invischiato in ogni possibile pensiero su quello che è stato detto, quello che è stato visto, quello che è stato pensato, quasi come scaraventato nel territorio incontrollabile, infruttuoso, spesso degradante e a lungo andare distruttivo in cui ho vissuto per molti anni. Il desiderio di fuggire è altrettanto forte là come qua, ma la differenza è che il fine di questo desiderio è realizzabile là, ma non qua. Qua devo trovare altri scopi e farmeli bastare.
L’arte di vivere, ecco di cosa sto parlando.
[Karl Ove Knausgard: "La mia lotta(1)"]
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