Con Ipotesi di una sconfitta Falco firma un buon romanzo, da ascrivere
a quel filone “sociale” nel quale si sono cimentati recentemente Trevisan, Maino
ed altri, affrontato dal versante autobiografico ma fortunatamente ben lontano
da certo autobiografismo di maniera stile Grande Fratello televisivo (alla Knausgård,
per intenderci).
Un romanzo (anche) di formazione,
sull’Italia contemporanea e soprattutto sul rapporto dell’uomo con il lavoro e
su tutto quello che da questo rapporto consegue. Attualità, prima persona
singolare, alienazione dell’individuo… sono un terreno particolarmente
insidioso, sabbie mobili nelle quali l’autore riesce a non rimanere invischiato
facendo leva su una narrazione quanto mai onesta, che evita i luoghi comuni per
privilegiare l’esperienza diretta. Falco trova la sua misura mantenendosi alla
larga dalle secche dell’autocompiacimento o dell’indulgenza verso se stesso,
guardando in faccia la propria confusione senza la pretesa di elevarla a
confusione generazionale ma rappresentandola per quello che è, senza proporre
scorciatoie o improbabili vie di fuga. Con Ipotesi
di una sconfitta l’autore conferma quanto di buono aveva già fatto vedere con L’ubicazione del bene e La gemella H.. Scrittore da seguire.