lunedì 1 maggio 2023

Le navi – António Lobo Antunes

 


Le navi – António Lobo Antunes
(trad. Vittoria Martinetto)
Einaudi editore 1997 – I ed. 1988

Opera del 1988, Le navi risulta un tassello importante nella bibliografia di Lobo Antunes perché ci permette di tratteggiarne l'evoluzione stilistica. Si tratta di un romanzo nel quale domina il gongorismo ricco di metafore tipico della prima parte della produzione letteraria dello scrittore portoghese, perfetto per descrivere l'atmosfera decadente, di crisi, del periodo post-coloniale. Siamo, per capirci, in una fase che precede di pochi anni la prosa più centrata sulla costruzione della frase che sulla parola, che caratterizza la trilogia di Lisbona (della quale anticipa l'aspetto polifonico), una scrittura che subirà un'ulteriore evoluzione nei romanzi successivi fino a diventare sempre più cerebrale e complessa nel tentativo di avvicinare e riprodurre sulla carta i processi cerebrali del pensiero in opere come Arcipelago dell'insonnia, Sopra i fiumi che vanno, Non è mezzanotte chi vuole.
Pur affrontando le stesse tematiche di In culo al mondo, Le navi riesce a non sentire il peso di quel grande romanzo, concentrandosi su sfumature diverse e permeando le pagine di un'aura di disincanto che spesso si dilata in un sorriso amaro. L'intento dell'autore è infatti quello di fare un seguito de I Luisiadi di Camões ma in chiave caricaturale, con una carnevalizzazione (per citare Bachtin) dei personaggi realizzata dando ai reduci dell'impresa coloniale i nomi di Diogo Cão, Vasco da Gama, Pedro Álvares Cabral, Dom Sebastião… mostri sacri della storia e della cultura lusitana e trasformandoli in personaggi fuori dal tempo, naufraghi nelle loro vite, abitanti di un presente che faticano a riconoscere.
Le navi è uno sberleffo al potere, alle contraddizioni su cui è costruita l'identità nazionale e all'ambizione di quelli partiti alla conquista del mondo sulle Caravelle e poi sulle navi dirette in Angola e ritrovatisi davanti a un fallimento che ha coinvolto i destini di una nazione. Ci parla della sensazione di inevitabilità e di disfacimento che pervade i pensieri di una popolazione che sognava l'impero e la ricchezza e poi si è svegliata straniera in casa propria, superata dal corso degli eventi, cambiata e costretta a sopravvivere in una realtà che non riconosce più.

sabato 8 aprile 2023

Il capolavoro sconosciuto – Honoré de Balzac



Il capolavoro sconosciuto – Honoré de Balzac
(trad. Carlo Montella)
Passigli editore 1990 – I ed. 1831

Ci sono libri la cui importanza trascende la volontà dell'autore; viaggiano attraverso il tempo come un fiume la cui portata aumenta man mano che scorre, fino ad uscire dall'alveo naturale per tracimare nei territori vicini e renderli più feritili. Questo potrebbe essere il caso de Il capolavoro sconosciuto, romanzo breve e dalla trama sottile solo in apparenza, perché in quella settantina scarsa di pagine è racchiusa una storia dalla profondità di un dialogo platonico, un diamante la cui luminosità è ancora in grado di colpire il lettore a quasi duecento anni di distanza.
L'incontro del giovane pittore Nicolas Poussin con il collega Porbus e il vecchio Frenhofer è un pretesto per discutere sullo scopo dell'arte: riprodurre la realtà o superarla nell'aspirazione a raggiungere una dimensione diversa, come si propone l'anziano maestro?
"La missione dell'arte non è copiare la natura, ma esprimerla!" dice Frenhofer a Porbus a proposito di un suo quadro che raffigura la Maria Egiziaca. "noi dobbiamo cogliere lo spirito, l'anima, l'immagine profonda degli oggetti e delle creature.". E ancora: "Una donna, voi la disegnata, ma non la vedete! Non è così che si arriva a violare l'arcano della natura. […] Voi fate alle vostre donne delle belle vesti di carne, dei bei drappeggi di capelli, ma dov'è il sangue che suscita la calma o la passione e che è causa di ogni effetto particolare? […] cosa manca? Un niente, ma quel niente è tutto: avete l'apparenza della vita, ma non esprimete la sua pienezza traboccante, quel qualcosa che forse è proprio l'anima e che fluttua nebulosamente sopra l'involucro."
Frenhofer, dunque, come unico depositario del segreto per accedere alla vera arte, ma il castello crollerà nel momento in cui mostrerà ai due amici il dipinto alla cui realizzazione ha dedicato anni, nel quale ha trasferito tutte le sue capacità e che dovrebbe elevarlo a un livello al quale nessuno è mai giunto. I due amici non vedranno nessuna grandezza in quel dipinto ma solo un'accozzaglia di colori e linee confuse e ciò spingerà il vecchio a riconsiderare la sua opera e il suo lavoro, precipitandolo in una spirale senza ritorno.
Tutto qui, eppure è proprio quando il romanzo finisce che comincia a vivere: difficile dire se Balzac fosse consapevole della portata dei temi che con il suo romanzo metteva in gioco, di certo Il capolavoro sconosciuto è un'opera senza tempo che continuerà a interrogarci con domande per le quali non esistono risposte assolute. L'arte non potrà mai superare la natura perché priva del suo slancio vitale? Frenhofer ha fallito davvero o sono stati Poussin e Porbus a non riconoscere la sua grandezza? Quale rapporto si crea tra l'opera d'arte e il pubblico che ne fruisce? Che collegamento c'è tra la realtà e la sua rappresentazione?

sabato 11 marzo 2023

La più recondita memoria degli uomini – Mohamed Mbougar Sarr


La più recondita memoria degli uomini – Mohamed Mbougar Sarr 
(trad. Aberto Bracci Testasecca) 
edizioni e/o 2022 - I ed. 2021

Buon romanzo di genere, che esplicita già nel titolo il richiamo a Bolaño. Iscriversi nella scia degli epigoni dello scrittore cileno è un'ammissione di scarsa originalità, che pur non inficiando la qualità dell'opera comporta il rischio che si finisca per preferire alla copia l'originale. Sì, perché qui manca la visceralità di Bolaño, la forza della sua penna è sostituita dalla ricerca della misura e da uno stile controllato, con un'evidente attenzione alla costruzione di trama e sottotrame che sembra nascere più dal calcolo che da un'esigenza narrativa.
Gli argomenti che Sarr affronta si moltiplicano nel corso della storia: si parte dal tema dello romanziere scomparso, ma rapidamente il campo si allarga a quello dei rapporti dello scrittore africano con la cultura occidentale e con le sue radici, al ruolo della scrittura, al rapporto passato-futuro, al legame vita-letteratura, al senso della vita… La carne al fuoco risulta così eccesiva, con il risultato che spesso i collegamenti tra le parti appaiono un po' forzati e la a volte si sfilaccia per gli sforzi dell'autore di far tornare i conti, anche con spiegazioni affrettate e un po' artificiose.

Ultima annotazione: non mi spiego quale può essere il senso di aver ridotto due giganti della letteratura come Sabato e Gombrowicz a macchiette o poco più.

sabato 11 febbraio 2023

Melancolia – Mircea Cărtărescu

 


Melancolia – Mircea Cărtărescu 
(trad. Bruno Mazzoni)
La nave di Teseo 2022 - I ed. 2019

Raccolta che comprende in apertura e chiusura due brevi narrazioni (Prologo e Epilogo) tra le quali sono inseriti tre racconti contraddistinti, grossolanamente, dai temi della solitudine e dell'abbandono.
Melancolia conferma le qualità letterarie che hanno posto Cărtărescu ai vertici della letteratura mondiale contemporanea ma dimostra anche come il genere che meglio si adatta alle caratteristiche dello scrittore rumeno sia il romanzo lungo (è vero che nella sua bibliografia ci sono opere di poesia, ma questo è un altro discorso), un territorio che gli permette di provocare lo scontro tra quotidianità e immaginazione e di osservarne le conseguenze, la creazione cioè di uno spazio nuovo nel quale far muovere i personaggi e sviluppare le riflessioni.
Questi racconti sono comunque godibilissimi di per sé e interessanti per gettare un occhio sulla tecnica narrativa dell'autore. Cărtărescu non abbandona il territorio consueto, ambientando le storie a Bucarest e mantenendo il focus sui temi già presenti nelle altre sue opere: infanzia, solitudine, ricordo, gemello, sogno, metamorfosi… I protagonisti sono bambini soli, abitanti di un mondo nel quale gli adulti sono assenti o vestono un ruolo ancillare, un mondo nel quale si avventurano armati di curiosità e fantasia, strumenti affascinanti quanto pericolosi perché artefici di quella commistione di vita e immaginazione dalla quale scaturisce il fuoco della creazione dell'autore, quella scintilla capace di applicare un incendio in grado di trascendere la realtà con la fuga in quella dimensione parallela, onirica, poetica e surreale che costituisce la cifra di tutta l'opera di Cărtărescu.



sabato 28 gennaio 2023

Poena damni – Dimitris Lyacos


Il cantore dell'Apocalisse.

Un'opera nuova (qualcuno ha parlato di surfiction), che riscrive le regole della letteratura ibridando i generi e che inizia proiettandoci da subito nelle pagine di un testo che si fatica a decriptare. Una sintassi piegata alle esigenze della scrittura, con l'eliminazione di aggettivi e avverbi e l'inserimento di spazi bianchi, cesure improvvise, frasi che sembrano scontrarsi, pensieri che si accavallano, salti di ritmo e di argomento: questo è il biglietto da visita con cui Lyacos si presenta al lettore.
Siamo nella testa dell'uomo che fugge, siamo l'uomo che fugge da un nemico imprecisato attraverso un mondo di macerie, nell'incubo di una realtà afasica tra disperati senza identità come lui. C'è odore di morte e di impossibilità dietro ogni angolo, le parole sembrano suggerire interpretazioni, lasciano intuire qualcosa senza mai farlo vedere. Spazio e tempo si confondono, il protagonista è ora su un treno e un momento dopo in altri luoghi e in altri momenti; presente, passato e sogni si mescolano, realtà e illusione si fondono, creando una dimensione nella quale l'uomo trascina i pezzi di un'identità traballante, pericolosamente in bilico sul filo della dissociazione mentale. Una Bibbia fitta di cancellazioni, sulla quale il protagonista scrive e legge frasi scritte da altri è l'oggetto che lo accompagna, il Libro sul quale ogni Uomo scrive la sua parte Le pagine pari del libro che hai in mano sono bianche e così lasci cadere sul foglio anche le tue parole, aggiungendo frammenti che si mescolano ad altri: pensieri che vorresti ti aiutassero a capire la storia, pensieri che vorresti ti aiutassero a capire chi sei, pensieri che ri-scrivono la storia del libro che stai leggendo.
L'uomo non sa se ciò che lo guida è memoria o sogno e si muove come un sonnambulo in un mondo del sottosuolo abitato da "morti che si aggrappano a immagini sparse che poi svaniscono." Scrive "per poter ricordare", ma il tentativo di trovare un'uscita è un vagare allucinato senza punti di riferimento, un cammino in cerchio intorno allo stesso punto, un rincorrere se stesso in un loop sul ciglio dell'abisso. La vita è un cammino verso una meta irraggiungibile, verso un orizzonte che si sposta un po' più in là man mano che sembra avvicinarsi, e che attira l'uomo nella sua rete con la falsa promessa di lasciarsi comprendere.
Se Z213: Exit, il primo volume della trilogia, è un'elegante rilettura dell'Angelus Novus di Benjamin, Con la gente del ponte assistiamo a un cambiamento di registro, ad una rappresentazione teatrale ricca di riferimenti culturali diversi, nella quale voci provenienti dalla recitazione, da un televisore, un mangianastri o un libro, si alternano raccontando il viaggio dell'uomo in un mondo disgregato e del suo tentativo di far risorgere l'amata.
La prima morte, terza parte dell'opera è invece un libricino diviso in quattordici parti che rappresentano altrettanti tentativi di un uomo di sopravvivere alla morte in un richiamo al mito greco di Filottete e che si conclude con un segnale di speranza, lasciando intravedere un'ipotesi di salvezza per l'uomo non nel mondo ma in uno spazio indefinito ("sono salvo, non nel mondo/ neppure fuori da esso, ma nell'inconsistente punto d'urto/ e decollo del mondo lì dove concepito l'urlo/ comunica la manovella/ e le ruote/d'istinto spingono/la carrozzina nell'infinito.").