sabato 12 aprile 2025

La vita di Arsen'ev– Ivan Bunin

 


La vita di Arsen'ev– Ivan Bunin
(trad. Ettore Lo Gatto)
Medhelan editore (I ed. 1927)


Il romanzo della coscienza.

Un libro con il quale si fatica un po' ad entrare in sintonia. Bunin non racconta tanto quello che accade, quanto quello che il protagonista vede e sente. Un libro di pensieri ed emozioni, più che di azione e parole. Una scrittura quindi che deriva da quella di Gončarov, Saltykov-Ščedrin, Leskov, figlia del realismo russo Ottocentesco ma presenta anche interessanti aspetti proustiani.
I temi trattati sono quelli dello scorrere del tempo, della memoria, della nostalgia e, al netto di un lirismo che oggi appare un po' fuori moda, è innegabile la sapienza con la quale l'autore tratteggia lo sviluppo psicologico di Arsen'ev lungo tutta la trama.
Si parte dall'infanzia, con la scoperta della natura e i primi segni della predisposizione del protagonista a studiare le persone e il loro sentire. La solitudine, accompagnata a uno struggimento che ancora non riesce a definire con precisione, una malinconia sempre pronta a spuntare e poi la consapevolezza (che lo accompagnerà sempre) che qualcosa sta per cambiare, unita alla paura per il cambiamento.
Dall'infanzia all'adolescenza, epoca di sogni, di una vita più immaginata che vissuta. Un percorso di crescita sempre in compagnia della nostalgia, dominato dal rimpianto per l'abbandono della famiglia e per la fine di una fase della vita nella quale non aveva responsabilità. Parallelamente, Arsen'ev inizia a definire meglio i contorni della sua coscienza e ad acquisire maggior sicurezza. Dalla bellezza della natura all'enigmatica felicità della vita, ai pensieri sull'avvenire, sempre in bilico tra sogni di gloria e dubbi esistenziali ("nascondeva in sé l'angoscia del suo avvenire, dove gli sembrava dovesse aspettarlo tutto il fascino e la gioia di questo mondo").
Arsen'ev cresce, e con lui un flusso di pensieri e sentimenti sconnessi. La sua vita è un equilibrio difficile tra ricordi del passato e speranze per il futuro, un'eterna attesa di qualcosa che non accade. Quella di Arsen'ev è una regata in solitaria intorno alle profondità dell'anima, per la difficoltà del protagonista a intessere relazioni con altri personaggi del libro, figure secondarie che appaiono e svaniscono velocemente dalla trama del romanzo. In più, Arsen'ev, ritratto "finzionale" di Bunin, non ha la vocazione all'impegno sociale e quindi non riesce a condividere gli ideali di egualitarismo con i quali, in momenti diversi, viene in contatto. È attratto solo dalla poesia, si sente prima di tutto artista e soprattutto individualista. Cultore della bellezza, osservatore di un mondo che non riesce a comprendere fino in fondo, con lo sguardo rivolto a un domani che si mescola con ieri ("tutto fugge chi sa dove. Avanti, avanti…).

sabato 29 marzo 2025

Il nervo ottico – María Gainza

 


Il nervo ottico – María Gainza
(trad. Marco Amerighi)
Neri Pozza editore (I ed.2004)

Il nervo ottico è un'autofiction abbastanza sui generis, un romanzo costituito da capitoli che possono rappresentare anche racconti a sé e risultano costruiti tutti con lo stesso schema: la narrazione in prima persona di una protagonista molto simile all'autrice (anche lei di nome María e critica d'arte di professione) intrecciata con riflessioni su pittori del XIX e XX secolo, riflessioni che Gainza utilizza con sapienza per spiegare meglio la storia che sta raccontando.
Diciamo subito che le parti in cui la scrittrice argentina parla di arte sono quelle più convincenti, perché mette le sue competenze professionali al servizio della trama e la scrittura procede fluida e coinvolgente. Meno efficace, purtroppo, risulta la sua penna quando racconta le vicende della protagonista e degli altri (pochi) personaggi, che risultano piuttosto "piatte".
L'arte come specchio della vita, un modo per provare a comprenderla, questa sembra essere l'idea intorno alla quale è costruito il libro, però la scrittrice argentina sembra accontentarsi e non la sviluppa come potrebbe, limitandosi a riprodurre il modello che ha elaborato senza cercare di unire i vari fili che ha seminato, lasciando così che i capitoli risultino privi di collegamento e manchi (volutamente?) una visione d'insieme.
Benino, ma non bene. Peccato.

sabato 15 marzo 2025

Testimonianze inattendibili – Vladislav Otrošenko


Testimonianze inattendibili – Vladislav Otrošenko
(trad. Elisa Mario Caramitti)
Voland editore (I ed.1997)

Un testo delizioso. È sufficiente scavare sotto la superficie di quello che a una lettura superficiale potrebbe sembrare poco più di un gioco, per scoprire l'opera raffinata di uno scrittore di razza, il perfetto congegno letterario di una delle firme più interessanti della letteratura russa contemporanea.
Un libro (kniga) – spiega lo stesso Otrošenko in un'intervista a eSamizdat – che non è un romanzo (roman), ma una raccolta di tre racconti (povesti, diversi nella struttura da russkazi e novele) collegati fra loro e scritti in periodi diversi, tre storie che si muovono sul terreno minato nel quale si incrociano realtà, fantasia e mito.
Quello che travolge il lettore è un universo rutilante, una girandola di personaggi e situazioni improbabili: un editore (forse) inesistente, il proprietario di un negozio francese di fotografia, una fantomatica spedizione di un numero imprecisato di reggimenti cosacchi in India finita sull'Himalaya solo per spaventare gli inglesi. In mezzo a una folla di generali, atamani, ufficiali dell'esercito e archivisti, scopriamo l'esistenza e il ruolo quasi metafisico del tamburmaggiore che odiava i viaggi, raccontata in contemporanea alla storia di suo padre che si incrocia con quella del regno del Bhutan e poi facciamo la conoscenza dell'improbabile arte degli jalonneurs e altro ancora… Una serie di fuochi d'artificio senza soluzione di continuità, un caleidoscopio che affascina e diverte ma che rischia di farci classificare sbrigativamente l'autore tra gli epigoni di Gogol' e Borges (e mettiamoci anche Pavić) e morta lì.
Attenzione, però, perché siamo al cospetto di uno scrittore di razza che merita un'analisi più attenta, Otrošenko è uno di quelli, come Vila-Matas e Fresán, che non scrivono letteratura di consumo ma richiedono l'impegno del pubblico. I povesti di Testimonianze inattendibili non sono sterili esercizi di stile, ma il tentativo di trovare una via personale alla narrazione: sono racconti con il doppio fondo, perché la conclusione di ognuno di essi, la verità che ci viene proposta, mostra delle crepe un secondo dopo essere caduta sulla pagina, aprendo il terreno all'interpretazione del lettore. La realtà non esiste, il tempo non esiste, o meglio "non ci sono né passato né futuro, ma soltanto in unico, indivisibile ed eterno Presente. Tutto è come è, tutto è per sempre.". E per completare il quadro, neppure lo spazio esiste, come evidenziano gli jalonneurs con la pantomima con cui disorientano i nemici sul campo di battaglia. L'unica cosa che esiste è la "mutevole e possente immaginazione" dell'Onnipotente. Una specie di infinite jest dal qual non si salva nemmeno la letteratura: i vari testi che non sembrano avere rapporti tra loro, non sono altro che "frammenti scompaginati di un solo e unico Testo, davvero coerente e omnicomprensivo. L'indipendenza dell'uno dall'altro è un illusione, e la loro ricchezza di contenuti ingannevole, poiché ciascuno, preso separatamente, rappresenta un confuso episodio, ina proposizione incompleta e talvolta soltanto un grandioso morfema o un divino segno d'interpunzione, e non racchiude in sé neppure un'infinitesimale inezia di quello stupefacente significato che trarrà origine dalla loro completa fusione in un Testo definitivamente rivelato e autenticamente compiuto." Vladislav Otrošenko, circoletto rosso su questo nome.

sabato 8 marzo 2025

La pazienza dell'acqua sopra ogni pietra – Alejandra Kamiya

 


La pazienza dell'acqua sopra ogni pietra – Alejandra Kamiya
(trad. Elisa Tramontin)
La Nuova Frontiera editore (I ed. 2023)

Una raccolta di racconti che testimonia l'indiscutibile capacità dell'autrice argentina di padroneggiare questo genere letterario. Quella di Kamiya è una voce facilmente riconoscibile, anche per via della prosa poetica con cui interpreta le pagine. Una scrittura accattivante, una buona gestione del ritmo e dei tempi della narrazione, dell'uso del colpo di scena, del non detto, della sospensione, dell'incursione del surreale nella quotidianità… eppure.
Già, c'è qualcosa che non convince fino in fondo. Si tratta di racconti ben costruiti ma che mancano di anima, di profondità, rimangono in superficie senza addentare la pagina, suscitano emozioni che però l'autrice tiene a freno con mano sicura, come se non volesse scoprirsi più di tanto. L'impressione è che Kamiya stia esplorando le possibilità del romanzo senza trovare davvero la propria strada: ci sono racconti che dialogano tra loro e che richiamano, molto alla lontana, la struttura di Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson, alternati ad altri che vanno in direzione diverse, tentativi di narrazione al condizionale, animali parlanti, irruzione dell'onirico nel reale, il fantastico…
Peccato, perché la scrittura è di livello ma forse si gioverebbe della scelta di un registro preciso (e il surreale mi pare quello più congeniale all'autrice), di una strada da percorrere con più decisione e più in profondità. Invece La pazienza dell'acqua sopra ogni pietra a volte a volte sembra essere un esercizio di stile, storie su filo di un calligrafismo fine a se stesso, bei racconti che si dimenticano con facilità.

sabato 1 marzo 2025

Spam – Rafael Spregelburd



Spam – Rafael Spregelburd
(trad. Manuela Cherubini)
Cue Press editore (I ed. 2015)



Un'opera teatrale che racconta un mese della vita di un uomo che ha perso la memoria. I trentun capitoli che destrutturano la narrazione non seguendo l'ordine cronologico sono già una dichiarazione d'intenti: il tempo, uno dei cardini su cui si regge la nostra esistenza, è andato in frantumi, l'uomo e la società stanno andando in frantumi.
Troviamo Mario Monti (nomen omen), protagonista del testo, in una stanza d'albergo con uno smoking usato, scatole piene di bambole e un laptop, un bizzarro armamentario partendo dal quale cerca di ricostruire la sua storia. "Viaggio senza valigia. Senza passato. Però ho la connessione. È quel che ho." Parole chiare, una metafora potente della contemporaneità e dello smarrimento di identità. La falsa illusione di demandare alla cronologia del computer il ruolo della memoria personale: davvero lì dentro c'è tutto quello che siamo, spazzatura compresa (e viene in mente il Delillo di Underwood)?
La scrittura semplice e il tono apparentemente giocoso e leggero, creano un corto circuito con la drammaticità degli avvenimenti che fanno da sfondo alla vana ricerca del protagonista di mettere ordine nella sua vita. Con ironia amara (e ci sarebbe da discutere anche sul ruolo negativo giocato dal ricorso all'ironia da parte della contemporaneità, Giorgio Vasta docet), Spregelburd descrive l'irruzione del virtuale nelle nostre vite, sottolineando come internet sia diventato lo standard su cui sono conformate e come questo standard abbia modificato la comunicazione. La promessa di semplificazione con cui era stata accolta la nuova tecnologia si è rivelata un cavallo di Troia che ha portato dentro la società solo disordine e complessità. È un mondo sconosciuto, che non permette più al protagonista di Spam di orientarsi e nel suo tentativo di mantenersi a galla Mario Monti precipita sempre più nelle sabbie mobili di una quotidianità che mescolando reale e virtuale, lo ha reso invisibile in entrambi i mondi.
Le parole mentono ma gli oggetti da soli non ci permettono di orientarci nella notte.