"Le persone come il mio amico
sono immortali, non finiscono, dureranno fintanto che ci sia qualcuno che le
apprezzi sulla faccia della terra."
Terzo ed ultimo romanzo del
"ciclo di Lisbona", La morte di
Carlos Gardel rappresenta l'ennesima prova di bravura di un grandissimo
artigiano della parola scritta.
Libro di sentimenti trattenuti,
parole non dette, molti ricordi e pochi dialoghi. Una scrittura densa,
avvolgente, frasi che cadono sulla pagina e poi si allargano a macchia d'olio innescando
un'apnea di pensieri e di immagini che si intersecano saltando avanti e
indietro sulla linea del tempo. Lobo Antunes padroneggia perfettamente una
macchina narrativa che ha prima inventato e poi affinato nei particolari: si
parte dalle piccole cose, dettagli a cui affida il compito di suscitare idee
che rimandano a momenti recenti o lontani nel tempo che a loro volta ne
richiamano altri. E poi ancora: la pluralità di voci, episodi raccontati da più
punti di vista a delineare meglio la trama, anche se non a chiarirla
definitivamente.
Una scrittura che procede per
'accumulazioni', un fiume che nella sua corsa verso il mare trascina con sé
tutto quello che incontra lungo il suo passaggio. Il ritmo della narrazione è
incalzante, ipnotico, con le voci narranti che si alternano e poi si
sovrappongono, chiarendo oppure confondendo il lettore ma sempre spingendolo un
po' più dentro la lettura perché lo scopo con Lobo Antunes, il mio scopo, non è
quello di comprendere tutta la trama ma respirarne le parole, viverne le atmosfere.
La
morte di Carlo Gardel è un libro di memorie:
ricordi di un nonno che non parla con nessuno, perso nei suoi solitari con le
carte, di donne e uomini che abbandonano le famiglie, che se ne vanno
semplicemente perché non ce la fanno più, ricordi di ex mariti, di tizi con la
brillantina e le labbra dipinte, di faggi che tossiscono, di olmi che chiamano
e di guinzagli senza cane.
Monete, teiere d'argento, tazze di
porcellana e mille altri oggetti comuni, odori, colori e sensazioni che la
penna di Lobo Antunes recupera dalla memoria e richiama a vivere sono i veri
protagonisti di questo libro perché se la morte di Nino è inevitabile sin dalle
prime pagine, la morte del passato invece può essere rimandata grazie al potere
della parola. Un inganno, certo, ma forse non è un inganno anche la letteratura
che traducendo tradisce la realtà?
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