venerdì 26 dicembre 2008

Don Chisciotte


[...] Fine della storia? Non proprio, perché alcune osservazioni vogliamo ancora farle.
Innanzitutto sul fatto che Don Chisciotte sia realmente rinsavito: probabilmente questa è una nostra interpretazione per cercare di difendere l’eroe cavaliere al quale ci siamo affezionati, ma anche Cervantes ci mette qualcosa di suo per confondere le acque, spiegando che Don Chisciotte cade malato, vittima di una febbre che dura alcuni giorni, poi si addormenta e quando si sveglia pronuncia il discorso che abbiamo appena sentito. Bene, le parole di ravvedimento sono pronunciate da un malato grave, con il pesante condizionamento di una febbre persistente, che sappiamo bene come possa alterare le facoltà di giudizio. La domanda è: siamo così sicuri che Don Chisciotte ora sia lucido e prima fosse pazzo? E se fosse il contrario?
Seconda osservazione: non appena ha riacquistato il senno il nostro eroe non vuole più essere chiamato Don Chisciotte ma Alonso Quijano. Ne deduciamo che allora è questo Alonso Quijano il convertito, il saggio, colui che non crede alla cavalleria ed anche colui che muore. Seguendo questo ragionamento ne consegue che Don Chisciotte della Mancia, il cavaliere dalla trista figura, il cavaliere dei leoni, non è né ravveduto né morto.

A sostegno di ciò diremo come nel settantaduesimo capitolo Cervantes faccia dire ad un certo Don Alvaro Terfe di aver fatto la conoscenza di quel don Chisciotte di cui si parla in un libro che gira per la Spagna, e di averlo persuaso ad andare alle giostre di Saragozza; noi sappiamo che Don Chisciotte non andrà mai a queste giostre, perché rinsavirà, ma se accettiamo il fatto che a rinsavire è Alonso Quijano, in un colpo solo permetteremo a Don Chisciotte di andare a Saragozza, di vivere in eterno e di affrancarsi definitivamente dal libro di Cervantes.


[LWV: "Considerazioni sul Don Chisciotte"]

Nessun commento: