sabato 15 agosto 2009

L'ultimo raggio di sole


Quello delle sei e mezzo di un pomeriggio di primavera.
Una luce che così forte da risultare quasi fastidiosa, perché arriva sugli occhi in maniera obliqua e li costringe a rimanere semichiusi. Una luce che abbaglia ed insieme affascina.
Una sedia in mezzo al prato, con il sole in pieno viso (il pensiero corre ai vecchi di Santorini, seduti fuori dalle loro case).
Non parli, ascolti.
Le voci degli altri, il cinguettio degli uccelli, il fruscio degli insetti, il rumore del fiume, l’abbaiare di un cane, il silenzio.
Non pensi a nulla, per non distrarti.
Sei lì solo per quello, per prenderti in faccia il sole, per goderti l’ultimo raggio. Assisti impotente al consumarsi del giorno: fra poco non esisterà più nulla, non ci sarà più luce, ancora pochi istanti e sarà buio. Questione di minuti, poi la temperatura si abbasserà e tu ti alzerai svogliatamente da quella sedia, con la certezza che il giorno è morto e che dovrai attendere fino a domani per incontrare di nuovo il sole.
Ma sarà un altro sole, diverso da quello che ti sta carezzando in questo momento.

[Lars W. Vencelowe: "Pensieri, parole, opere ed omissioni"]

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