domenica 30 agosto 2009

Quel che si dice un finale (2)

[...] A quel punto Laura ha alzato lo sguardo per incrociare il mio. Era uno sguardo penetrante e il cuore ha rallentato i battiti. Mi ha fissato negli occhi per quello che mi è parso un lungo periodo e poi ha annuito. Non ha fatto altro, è stato il suo unico segnale, ma è bastato. Era come se mi stesse dicendo: Non ti preoccupare, supereremo anche questa, andrà tutto bene, vedrai. Pian piano, tutto s'aggiusta. Ad ogni modo, così ho scelto di interpretare quello sguardo, anche se può darsi mi sbagliassi.
La doccia ha smesso di scorrere. Dopo un attimo, ho sentito Herb fischiettare aprendo la porta del bagno. Ho continuato a guardare le donne accanto al tavolo. Terri stava ancora piangendo e Laura le carezzava i capelli. Sono tornato a guardare fuori dalla finestra. La striscia azzurra del cielo aveva ceduto e stava diventando scura come il resto. Mi erano apparse le stelle. Ho riconosciuto Venere e oltre, di lato, non altrettanto luminoso ma inconfondibile, laggiù sull'orizzonte, Marte. Il vento s'era rafforzato. Ne ho osservato gli effetti sui campi deserti. Irrazionalmente ho pensato che era un peccato che i McGinnis non tenessero più cavalli. Volevo immaginare cavalli in corsa attraverso quei campi nel crepuscolo, o magari anche fermi in piedi con le teste in varie direzioni, accanto alla staccionata. Sono rimasto alla finestra, in attesa. Sapevo che dovevo star lì fermo ancora per un pò, continuare a puntare lo sguardo là fuori, oltre la casa, fintanto che c'era ancora qualcosa da vedere.
[Raymond Carver: "Principianti"]

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