domenica 25 ottobre 2015

Marilynne Robinson - Gilead



Una storia d’altri tempi, raccontata con un ritmo d’altri tempi. Una prosa “pulita”, fatta di parole che si posano leggere sulla pagina, frasi brevi che cuciono insieme un libro di memorie.
Una lunga lettera al figlio, il pretesto per ripercorrere un vita fatta anche delle vite degli altri. Ricordi, importanti ma anche insignificanti, uniti insieme a costituire il bagaglio della voce narrante, il predicatore John Ames. I ricordi di bambino, di quando l’emozione arrivava prima della comprensione, si mescolano alle esperienze più recenti, che ci restituiscono il ritratto di un uomo vecchio e malato animato dalla sensibilità di un ragazzino, un uomo capace ancora di guardare le cose e la vita con stupore e ammirazione.
L’uomo è attore e Dio il pubblico, dice John Ames. Un pubblico che però non è lì per giudicare ma per valutare, con un comportamento più “estetico” che censorio, togliendo di colpo quella cappa di pesantezza, giudizio, colpa e pena che appesantisce la religione, privilegiando l’aspetto gioioso della fede.
John Ames non ha paura a dire che gli mancherà il mondo terreno, è un uomo di Chiesa, ma con i piedi ben piantati nella terra, nel senso che non è immune da passioni come la gelosia e i rimpianti e non nasconde i dubbi nell'interpretazione dei libri della fede.


Gilead è un bel libro, che parla della vita di uomini senza celarne le umanissime miserie mettendo però l'accento sui momenti di tenerezza, sulla compassione e sulla pietà, Gilead è il ritratto di un uomo che ha vissuto, un uomo buono che ha visto la bellezza della vita e ha saputo riconoscerla.

Nessun commento: