Mi
ricordo, vale a dire invento.
Cărtărescu vive in un mondo tutto suo, una specie di zona grigia sospesa tra sogno e realtà, un territorio dove - più o meno - siamo stati tutti, prima di tornare alla tranquilla routine della quotidianità. Ecco, la differenza è che Cărtărescu in quel mondo ci vive, eterno viandante di una terra di mezzo in cui esperienza e immaginazione si contaminano fino a confondersi una nell'altra.
L’esperienza
sono i ricordi, la materia prima con la quale l’autore si diverte a giocare,
montandoli e smontandoli a suo piacimento. Il protagonista del romanzo diventa
così una specie di matrioska: ogni ricordo che contiene dentro di sé è
modificato da quello successivo e la loro stratificazione nel tempo aggiunge,
se possibile, confusione a confusione. Effetto voluto e cercato da Cărtărescu
che non si propone di mettere ordine nella memoria, ma di rimettere disordine nei suoi pensieri.
Mi ricordo, vale a
dire invento: ecco il punto nodale ( o uno dei punti
nodali) del romanzo e della filosofia Cărtărescuana in genere: non spiegare
tutto, non governare il disordine, ma cavalcarlo, descriverlo, raccontando le
interazioni tra le parti che lo compongono, dando vita così a una serie di
straordinarie passeggiate da talpa nella
sequenza realtà-allucinazione-sogno.
Se
folle è il fine, folle deve essere anche il mezzo usato per perseguirlo. E così
ci troviamo davanti ad un romanzo dai ritmi sincopati che pretende attenzione
da parte del lettore. Basta un attimo di distrazione e dalla placida narrazione
dei ricordi ci si ritrova nel bel mezzo di un’allucinata guerra tra demoni ed
angeli, zombie e viventi, per poi rientrare nell'alveo della normalità con
altrettanta rapidità.
Se
si decide di intraprendere la lettura di Abbacinante
è bene essere disposti a correre, o meglio rincorrere Cărtărescu nei meandri
della sua fantasia, pronti a seguirlo anche in descrizioni che spaziano dall'anatomico
al filosofico, toccando anche tutto quello che c’è nel mezzo (e nel mezzo ci
sono un sacco di cose…). Se si decide di iniziare questo viaggio è bene sapere
che il capitano della barchetta nella quale stiamo per salire è un folle, uno
che ha deciso di non sciogliere il dualismo soggetto/oggetto e che per questo
si comporta sia da osservatore che da osservato, autore del romanzo e insieme
personaggio di una storia scritta da non è lui. Siamo, al tempo stesso, parte
di un tutto e tutto, assoluto e relativo insieme: ecco un esempio degli
avvitamenti di cui Cărtărescu è maestro, con buona pace della linearità e della
logica.
E
a me piace da matti tanta caparbietà nell'imboccare volutamente strade senza
uscita per dimostrare che è l’altezza dell’ostacolo con il quale si sceglie di
confrontarsi a darci la dimensione di quello che siamo.
Già,
da matti, perché Abbacinante è un
progetto folle per lettori che apprezzino la follia, intesa come curiosità, voglia
di superare i limiti del reale attraverso lo strumento della fantasia, un
tentativo di costruire un mondo che sta all'incrocio di sogno, memoria ed
emozioni, scavando nel passato con le armi del ricordo e dell’immaginazione per
provare a ricostruire l’identità e la natura dell’uomo.
Concludendo,
Abbacinante è un libro in cui, tra echi
rilkiani (il punto danzante intorno
al quale gira il mondo, la bellezza atroce),
Cărtărescu
sviluppa una teoria del mondo che pur essendo scritta in prosa è da leggere e
interpretare secondo la chiave della poesia.
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