sabato 31 ottobre 2015

Mircea Cărtărescu – Abbacinante. L’ala sinistra



Mi ricordo, vale a dire invento.

Cărtărescu vive in un mondo tutto suo, una specie di zona grigia sospesa tra sogno e realtà, un territorio dove - più o meno - siamo stati tutti, prima di tornare alla tranquilla routine della quotidianità. Ecco, la differenza è che Cărtărescu in quel mondo ci vive, eterno viandante di una terra di mezzo in cui esperienza e immaginazione si contaminano fino a confondersi una nell'altra.  
L’esperienza sono i ricordi, la materia prima con la quale l’autore si diverte a giocare, montandoli e smontandoli a suo piacimento. Il protagonista del romanzo diventa così una specie di matrioska: ogni ricordo che contiene dentro di sé è modificato da quello successivo e la loro stratificazione nel tempo aggiunge, se possibile, confusione a confusione. Effetto voluto e cercato da Cărtărescu che non si propone di mettere ordine nella memoria, ma di rimettere disordine nei suoi pensieri.
Mi ricordo, vale a dire invento: ecco il punto nodale ( o uno dei punti nodali) del romanzo e della filosofia Cărtărescuana in genere: non spiegare tutto, non governare il disordine, ma cavalcarlo, descriverlo, raccontando le interazioni tra le parti che lo compongono, dando vita così a una serie di straordinarie passeggiate da talpa nella sequenza realtà-allucinazione-sogno.
Se folle è il fine, folle deve essere anche il mezzo usato per perseguirlo. E così ci troviamo davanti ad un romanzo dai ritmi sincopati che pretende attenzione da parte del lettore. Basta un attimo di distrazione e dalla placida narrazione dei ricordi ci si ritrova nel bel mezzo di un’allucinata guerra tra demoni ed angeli, zombie e viventi, per poi rientrare nell'alveo della normalità con altrettanta rapidità.
Se si decide di intraprendere la lettura di Abbacinante è bene essere disposti a correre, o meglio rincorrere Cărtărescu nei meandri della sua fantasia, pronti a seguirlo anche in descrizioni che spaziano dall'anatomico al filosofico, toccando anche tutto quello che c’è nel mezzo (e nel mezzo ci sono un sacco di cose…). Se si decide di iniziare questo viaggio è bene sapere che il capitano della barchetta nella quale stiamo per salire è un folle, uno che ha deciso di non sciogliere il dualismo soggetto/oggetto e che per questo si comporta sia da osservatore che da osservato, autore del romanzo e insieme personaggio di una storia scritta da non è lui. Siamo, al tempo stesso, parte di un tutto e tutto, assoluto e relativo insieme: ecco un esempio degli avvitamenti di cui Cărtărescu è maestro, con buona pace della linearità e della logica.
E a me piace da matti tanta caparbietà nell'imboccare volutamente strade senza uscita per dimostrare che è l’altezza dell’ostacolo con il quale si sceglie di confrontarsi a darci la dimensione di quello che siamo.
Già, da matti, perché Abbacinante è un progetto folle per lettori che apprezzino la follia, intesa come curiosità, voglia di superare i limiti del reale attraverso lo strumento della fantasia, un tentativo di costruire un mondo che sta all'incrocio di sogno, memoria ed emozioni, scavando nel passato con le armi del ricordo e dell’immaginazione per provare a ricostruire l’identità e la natura dell’uomo.

Concludendo, Abbacinante è un libro in cui, tra echi rilkiani (il punto danzante intorno al quale gira il mondo, la bellezza atroce), Cărtărescu sviluppa una teoria del mondo che pur essendo scritta in prosa è da leggere e interpretare secondo la chiave della poesia.

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