sabato 17 ottobre 2015

Fëdor Dostoevskij – Il giocatore



Il Dosto va in trasferta...

Romanzo breve nel quale Dostoevskij abbandona la consueta ambientazione pietroburghese per concedere alla sua "scatola dei soldatini" una gita oltre confine, in Germania, per la precisione a Roulettenbourg (nomen omen). Diciamo gita perché sembrerebbe che il fatto di trovarsi fuori dalla Russia, liberi la variegata corte dei miracoli che abita le pagine del libro da qualsiasi vincolo di comportamento retto e fornisca ai personaggi una specie di lasciapassare per mettere in scena uno stravagante teatrino giocato intorno a un misto di amoralità e vacuità che finisce con il travolgere tutto e soprattutto tutti quelli che incontra sulla sua strada.

Come al solito Dostoevskij dimostra di saper cogliere perfettamente alcuni aspetti peculiari dell'anima russa (ben prima che Erofeev tentasse un'operazione simile), a cui qui aggiunge qualche osservazione interessante anche su francesi e inglesi. Ma è Aleksej Ivànovic la figura centrale del racconto, quella sulla quale si accentra l'attenzione dello scrittore, un personaggio più sfuggente di quel che sembri, una personalità non lineare, nelle pieghe della quale l'autore si diverte a scavare. Alesa non sembrerebbe uno sciocco, non è superficiale come la maggior parte degli altri personaggi e apparentemente vede le cose in una giusta prospettiva, eppure vive succube di Polina che ama di un amore malato, incapace di liberarsi dal giogo di un sentimento non ricambiato ma anzi maltrattato e deriso.

Si può essere le persone più razionali del mondo, ma quando la passione bussa alla nostra porta i rischi di far crollare il castello di carte sono reali, come dimostra la vecchia madre del generale che brucia alla roulette quello che ha accumulato in tutta la vita, come dimostra lo stesso Alesa, consapevole di star buttando via la propria esistenza eppure incapace di cambiare la propria situazione nonostante gli se ne presenti l'occasione più di una volta, anzi ben deciso a percorrere fino in fondo una strada che sa perfettamente che lo porterà all'autodistruzione.

A me sembra che questa sia la vera cifra del romanzo: la descrizione di una consapevole discesa agli inferi lungo la strada dell'ignavia, percorso che Dostoevskij segue passo passo addentrandosi nei meandri della mente umana con la curiosità dello scienziato interessato a studiarne dinamiche e comportamenti.

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