sabato 25 marzo 2017

Oswaldo Reynoso - Gli innocenti



 
No, a differenza di quanto afferma Matteo Nucci nella prefazione, il libro che abbiamo in mano non brucia. Almeno non più. Nei quarantacinque anni trascorsi dalla data di pubblicazione la sua carica eversiva si è abbondantemente attenuata e questo, probabilmente, ci permette di apprezzarlo meglio.
Sbiadite via via le patine di scandalo, volgarità, underground, rock, ribellione… rimangono loro: Faccia d’angelo, il principe, Carambola, Rossetto, Ciambella e gli altri “innocenti” che abitano questi racconti. Rimane la voglia di vivere di un gruppo di ragazzi di strada, un microcosmo dal quale gli adulti sono esclusi e che si organizza attraverso le regole del branco. Rimane il conflitto tra voglia e paura di crescere alla svelta, tra desiderio di bruciare le tappe e timore di non essere all’altezza delle circostanze. Rimane l’occhio accondiscendente di Reynoso, che descrive questi giovani in balia della vita “dal di dentro”, mettendosi in mezzo a loro, parlando come parlano loro e “sentendo” come sentono loro, attraverso il tatto, il gusto, l’olfatto, raccontandoci le loro emozioni, le loro paure, le insicurezze di chi cammina sul ciglio del precipizio senza comprenderne il rischio.
Rimane, soprattutto, la grande empatia dell’autore, che guarda a questi bambini che vorrebbero essere uomini cercando a modo suo di proteggerli, come a fare le veci di un padre che manca: “Sei triste perché sai che un ragazzo come te può perdersi”, dice al protagonista dell’ultimo racconto. “Tu invece vuoi essere bravo: lo so. Se hai sbagliato è per via della tua famiglia, povera e rovinata, per la tua quinta, caotica e degradata; per il tuo quartiere, che è un vero inferno; e per la tua Lima. Perché ovunque a Lima la tentazione ti divora: biliardi, cinema, scommesse, bar. E i soldi. Soprattutto i soldi, bisogna trovarli a tutti i costi. Ma io so che sei bravo e che un giorno troverai un cuore all’altezza della tua innocenza.

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