Il tentativo di un folle di
arrampicarsi sulla scala dell’Arte per arrivare a contemplare la Bellezza di
Dio.
Questo è l’unico modo che mi viene
in mente per provare a rappresentare in qualche modo la mia esperienza di
lettura delle Ottave. L’idea di
poesia di Mandel'štam è così complessa che lo porta a tracimare in tutte le
direzioni: in ambito linguistico, creando neologismi che possano aiutarlo ad
esprimere quello che sente e che le parole consuete non sono in grado di
esprimere e nel campo del contenuto, terreno quanto mai oscuro nel quale è
possibile avventurarsi solo evitando di “decodificare” le liriche ma seguendone
la tensione, il loro percorso verso un altrove indefinito e inconcluso.
“Bisogna
attraversare in tutta la sua larghezza un fiume ingombro di giunche cinesi
mobili, spinte nelle più varie direzioni – è così che si crea il senso del
discorso poetico. Come itinerario, il senso non può essere ricostruito
interrogando i barcaioli: non ti sapranno dire in quale modo e perché siamo saltati
da una giunca all’altra.”
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