domenica 20 gennaio 2019

Roberto Arlt – Il giocattolo rabbioso




Memorie del sottosuolo

Roberto Arlt è stato un "irregolare" nel panorama culturale argentino, un battitore libero non attratto dalle tematiche estetizzanti degli intellettuali appartenenti al gruppo di Calle Florida, ma neppure organico a quelli del gruppo di Avenida Boedo, dei quali pure condivideva parte delle istanze, soprattutto sociali. Il giocattolo rabbioso è la sua opera prima, un romanzo di formazione di stampo realista che pesca parecchio nella biografia dell'autore, e che costituisce una lettura decisamente interessante e propedeutica a quella de I sette pazzi e I lanciafiamme.
In queste pagine ritroviamo infatti accennati alcuni dei temi che caratterizzeranno la sua produzione più matura, così come l'attenzione all'ambiente, alla Buenos Aires sul punto di diventare metropoli con l'inevitabile corollario di contraddizioni e conflitti tra vecchio e nuovo e quel sottosuolo di umili, violenti e trafficoni che abiterà tutta la produzione letteraria di Arlt.
C'è, fin dalle prime pagine, la letteratura: il rapporto con i libri, da quelli dozzinali a quelli importanti, dalle avventure di Rocambole (il personaggio dei romanzi popolari di Ponson du Terrail con il quale Silvio Astier, il ragazzino protagonista del romanzo, si identifica) a Baudelaire. La letteratura come fuga, contraltare a quella vita priva di soddisfazioni con la quale Silvio è chiamato a confrontarsi quotidianamente. E la difficoltà di accesso ai libri, affittati, rubati o presi in prestito, ma sempre presenti nelle avventure del nostro antieroe. C'è la sofferenza del vivere, la povertà, la fatica (l'impossibilità) ad alzare la testa dalla palude di un'esistenza di stenti, la sconfitta che segna tutte le sfide con le quali ci si deve confrontare e c'è, soprattutto, l'infamia, la scelta consapevole di fare i male allo scopo di condannare se stesso all'eterno disonore, infamia che segna in maniera drammatica l'ultimo capitolo del libro (Giuda iscariota) e che mi sembra essere un tema forte, probabilmente il più forte, di tutta la poetica arltiana e che qui è ancora una fiammella che balugina a sprazzi ma diventerà più avanti un fuoco impetuoso in grado di incendiare le pagine del dittico dello scrittore boarense.

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