Difficile comprendere come Dai cancelli d'acciaio sia potuto passare quasi inosservato da parte dei critici e soprattutto dei lettori, considerato che si tratta di uno dei più importanti romanzi italiani (e non solo italiani) del nuovo millennio, sicuramente il migliore tra quelli che ho letto.
Probabilmente perché è un libro difficile, faticoso, che nulla concede a chi gli si avvicina, una
lenta e tortuosa salita (anche se in realtà si tratta piuttosto di una specie di
discesa agli Inferi) verso un traguardo che in realtà non esiste perché qui lo
scopo non è arrivare da qualche parte ma stimolarci a riflettere utilizzando le
parole dei protagonisti come punto di partenza per altri lidi. Un romanzo
'aperto', che si potrebbe rileggere mille volte ritrovandoci sempre qualcosa di
nuovo che c'era sfuggito in precedenza.
Che il viaggio non sia dei più
semplici è evidente sin dall'inizio. Frasca ci butta giù dalla barca senza
avvertirci, precipitandoci subito in media res e per di più con un'ipotassi che
non rappresenta certo un invito alla lettura: vediamo se sai nuotare in questo
mare - sembra dirci con aria di sfida - così che, una volta in acqua, non ci resta
altro che sbracciare goffamente per stare a galla.
È crudele questo libro, perché le
difficoltà sembrano non finire mai e proprio quando cominciamo a credere di riuscire
a comprendere un po' la trama, ecco che andiamo a sbattere violentemente contro
un muro imprevisto: un ipertesto denso e coltissimo con tanto di dotta esegesi
dei Vangeli gnostici davanti al quale è facile gettare la spugna. Eppure si
procede. A fatica, tra analessi che disorientano e citazioni che spaventano,
senza comprendere bene in quale direzione stiamo andando, quali siano le figure
di riferimento e soprattutto gli assi portanti della storia, perché, come detto, questo
romanzo ha una forza centrifuga straordinaria e dalle sue pagine sembrano
gemmare riflessioni continue.
Piano piano comprendiamo che il
centro di tutto è "il Cielo della Luna", un'enorme discoteca simile
al girone infernale dei lussuriosi all'interno della quale è possibile, in
cambio di alte somme di denaro, essere legati ad una croce ed innalzati davanti
ad una serie di schermi che proiettano immagini di sesso violento che sembrano
uscite da un dipinto di Bosch e che a volte culminano con l'uccisione di uno
dei partecipanti alla scena. A questa croce sceglieranno di farsi legare
anche il Cardinale Bruno e successivamente il suo segretario padre Saverio
Juvarra, il primo per guardare in faccia il Male assoluto, il secondo per
espiare il tradimento ordito su ordine delle gerarchie ecclesiastiche nei
confronti del Cardinale al fine di impedirgli la propagazione del microfilm di
un sorprendente Vangelo di Giuda.
Proprio il tradimento è uno degli
assi portanti del romanzo ma ce ne sono anche innumerevoli altri: il male inteso
come l'altra faccia del bene, tappa necessaria per poter aspirare all'assoluto,
il dualismo carne/anima con quest'ultima che cerca di affrancarsi
dall'involucro del corpo, di uscire dai cancelli d'acciaio della materia per
raggiungere uno stadio superiore. E ancora: le diadi, i rapporti a due che si
rompono con l'arrivo di un terzo, così come la relazione diretta e personale
uomo/Dio che rappresenta la fede pura è resa impossibile dall'intrusione della
rigida organizzazione della Chiesa.
Dai cancelli d'acciaio è anche un libro sulla nostra società, sul
complottismo, sulla mancanza di ideologie e sulla crisi della
religiosità, sui cambiamenti degli ultimi quarant'anni e sul cosiddetto mondo
virtuale, un libro che apre a riflessioni sulla comunicazione che parte
dall'ascolto, sulla parola e la sua trasmissione (tradurre è tradire) e
sull'immagine, soprattutto un libro nel quale Frasca ci propone una sua idea di
realtà intesa non come qualcosa di assoluto e condiviso ma come un processo
individuale, un sogno solitario ad occhi aperti.
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