domenica 22 settembre 2019

Gabriele Frasca – Dai cancelli d'acciaio


Difficile comprendere come Dai cancelli d'acciaio sia potuto passare quasi inosservato da parte dei critici e soprattutto dei lettori, considerato che si tratta di uno dei più importanti romanzi italiani (e non solo italiani) del nuovo millennio, sicuramente il migliore tra quelli che ho letto.
Probabilmente perché è un libro difficile, faticoso, che nulla concede a chi gli si avvicina, una lenta e tortuosa salita (anche se in realtà si tratta piuttosto di una specie di discesa agli Inferi) verso un traguardo che in realtà non esiste perché qui lo scopo non è arrivare da qualche parte ma stimolarci a riflettere utilizzando le parole dei protagonisti come punto di partenza per altri lidi. Un romanzo 'aperto', che si potrebbe rileggere mille volte ritrovandoci sempre qualcosa di nuovo che c'era sfuggito in precedenza.
Che il viaggio non sia dei più semplici è evidente sin dall'inizio. Frasca ci butta giù dalla barca senza avvertirci, precipitandoci subito in media res e per di più con un'ipotassi che non rappresenta certo un invito alla lettura: vediamo se sai nuotare in questo mare - sembra dirci con aria di sfida - così che, una volta in acqua, non ci resta altro che sbracciare goffamente per stare a galla.
È crudele questo libro, perché le difficoltà sembrano non finire mai e proprio quando cominciamo a credere di riuscire a comprendere un po' la trama, ecco che andiamo a sbattere violentemente contro un muro imprevisto: un ipertesto denso e coltissimo con tanto di dotta esegesi dei Vangeli gnostici davanti al quale è facile gettare la spugna. Eppure si procede. A fatica, tra analessi che disorientano e citazioni che spaventano, senza comprendere bene in quale direzione stiamo andando, quali siano le figure di riferimento e soprattutto gli assi portanti della storia, perché, come detto, questo romanzo ha una forza centrifuga straordinaria e dalle sue pagine sembrano gemmare riflessioni continue.
Piano piano comprendiamo che il centro di tutto è "il Cielo della Luna", un'enorme discoteca simile al girone infernale dei lussuriosi all'interno della quale è possibile, in cambio di alte somme di denaro, essere legati ad una croce ed innalzati davanti ad una serie di schermi che proiettano immagini di sesso violento che sembrano uscite da un dipinto di Bosch e che a volte culminano con l'uccisione di uno dei partecipanti alla scena. A questa croce sceglieranno di farsi legare anche il Cardinale Bruno e successivamente il suo segretario padre Saverio Juvarra, il primo per guardare in faccia il Male assoluto, il secondo per espiare il tradimento ordito su ordine delle gerarchie ecclesiastiche nei confronti del Cardinale al fine di impedirgli la propagazione del microfilm di un sorprendente Vangelo di Giuda.
Proprio il tradimento è uno degli assi portanti del romanzo ma ce ne sono anche innumerevoli altri: il male inteso come l'altra faccia del bene, tappa necessaria per poter aspirare all'assoluto, il dualismo carne/anima con quest'ultima che cerca di affrancarsi dall'involucro del corpo, di uscire dai cancelli d'acciaio della materia per raggiungere uno stadio superiore. E ancora: le diadi, i rapporti a due che si rompono con l'arrivo di un terzo, così come la relazione diretta e personale uomo/Dio che rappresenta la fede pura è resa impossibile dall'intrusione della rigida organizzazione della Chiesa.
Dai cancelli d'acciaio è anche un libro sulla nostra società, sul complottismo, sulla mancanza di ideologie e sulla crisi della religiosità, sui cambiamenti degli ultimi quarant'anni e sul cosiddetto mondo virtuale, un libro che apre a riflessioni sulla comunicazione che parte dall'ascolto, sulla parola e la sua trasmissione (tradurre è tradire) e sull'immagine, soprattutto un libro nel quale Frasca ci propone una sua idea di realtà intesa non come qualcosa di assoluto e condiviso ma come un processo individuale, un sogno solitario ad occhi aperti.


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