«Credo che la letteratura debba
correggere la storia: la Storia è generalità mentre la letteratura è
concretezza. La Storia è numero, la letteratura è individualità»
Lo scopo di quest'opera – lo
spiega l'autore stesso in quella straordinaria summa del suo pensiero che è Homo poeticus – è ragionare sull'epoca
staliniana mescolando prove documentali e false fonti in modo da conferire più solidità
alla narrazione e contemporaneamente dimostrare la superiorità della
letteratura sulla realtà.
Lo stalinismo diventa così una scrofa
che divora la propria prole e ideologismo, colpa, tradimento, rapporto
vittima/carnefice sono i temi sui quali Kiš punta l'attenzione ampliando il campo della riflessione alla multiforme
natura dell'uomo, senza trascurarne dubbi, limiti e soprattutto contraddizioni.
Una
tomba per Boris Davidovič è un libro molto interessante anche
stilisticamente: dall'uso borgesiano dei falsi documenti di cui si è detto,
all'utilizzo di diversi piani narrativi all'interno dei singoli racconti,
all'alternanza di descrizioni d'ambiente e narrazione che ricorda Pil'njak.
Opera di indubbio spessore di uno
degli intellettuali europei più importanti del secondo Novecento.
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