La vita è antinomia.
L'epistolario, Pismovnik nel titolo originale, è un genere letterario ampiamente usato. In questo caso sono lettere d'amore che intercorrono tra Volodja, giovane scrittore arruolatosi come volontario nella rivolta dei Boxer del primo Novecento e Saška, l'innamorata che vive nella provincia russa. Sentimenti, progetti, sogni di felicità. ricordi ed esperienze di vita… nella corrispondenza tra i due ritroviamo tutto quanto ci si attende dalla narrativa di genere ma Shishkin ha la capacità di rivitalizzare una forma narrativa un po' consunta inserendo la trama all'interno di un raffinatissimo progetto nel quale adotta costruzioni della geometria descrittiva: prospettiva e punto di fuga (da qui il titolo dell'edizione italiana, per una volta migliore dell'originale) diventano così strumenti letterari attraverso i quali l'autore riesce ad imprimere profondità e vitalità a una storia che altrimenti correrebbe piatta, uguale a mille altre.
Punto di fuga è un gioiello di abilità formale nel quale però la tecnica sopraffina è sempre al servizio del messaggio che deve veicolare. Aprire lo spazio narrativo a vie di fuga che corrono in direzioni diverse e non coincidenti comporta però il rischio di amplificare le eventuali sbavature della trama e di perdere per strada il lettore, Shishkin invece governa con penna sicura il materiale che dispone sulla pagina: amore/morte, realtà/fantasia, presente/ricordo, superfluo/necessario… il romanzo è costellato da coppie di concetti che contrastano l'uno con l'altro e che indicano i punti lungo i quali corrono le linee della vita ( "Guarda, la prospettiva tiene insieme il mondo, come una corda appesa a un chiodo tiene un quadro. Se non fosse per quel chiodo e quella corda, il mondo cadrebbe a pezzi." E ancora "E all'improvviso ho distinto chiaramente le linee che collegano tutti gli oggetti a quel punto di fuga, come fili. O meglio, come elastici tesi allo stremo").
Vivere è inevitabile, le cose succedono, ma all'interno di questa cornice tutto è relativo, anche il tempo che corre a una velocità diversa per ogni persona ("il tempo siamo noi. Forse che il tempo esiste senza di noi?") e così anche le lettere che i due innamorati scrivono si perdono nel mare dell'asincronia risultando in realtà messaggi in bottiglia, missive scritte più a se stessi che all'altro. Ma anche la scrittura si proietta verso due punti di fuga divergenti e così si deve scrivere perché "solo le parole giustificano in qualche modo l'esistenza delle cose, anno un senso all'attimo, rendono reale l'irrealtà, mi rendono me stesso" ma contemporaneamente "le parole sono ingannatrici. Ti promettono di portarti in viaggio, poi se la svignano a vele spiegate, mentre tu rimani a terra. E soprattutto, il reale non sta in nessuna parola. Il reale ti ammutolisce. Tutto ciò che di importante accade nella vita è al di sopra del reale".
Mikhail Shishkin è il nome che aggiungo a quelli di Lobo Antunes, Cărtărescu, e Krasznahorkai nel mio gotha degli scrittori contemporanei.
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