sabato 12 novembre 2011
domenica 6 novembre 2011
cronache di questi giorni
da: Sette frammenti dalla terra di nessuno
I
Quando pive per molti giorni
la terra scivola via
verso il basso
l'acqua penetra sotto le radici
arriva alla placca
cambia la storia dei paesaggi
diventa fango e fiume fangoso
travolge i paesi più miseri
gli accampamenti umani
i corpi e ogni cosa che ostacola
o resiste.
II
Non si può dire nulla: questo è il punto. Raccontare,
ma cosa? Qualcosa è crollato,
come un silenzio improvviso e poi l'urlo,
uno sfacelo. Il muggito di un animale imprigionato
dal fango che strascina verso valle. Cosa pensa un vitello,
per esempio, quando affoga?
Volete cercare le parole anche per questo,
per sentirvi più in pace? Un vitello
non pensa a nulla e se pensa
lo fa in un pensiero animale
incomprensibile; tace come una capra,
o un agnello e forse anche un uomo
che guarda in faccia la sua piena solitudine.
VI
Certe con forme di uccello, o di pesce, frastagliate,
altre che sembrano pinne o badili. Il movimento
impercettibile delle faglie, le pietre che cadono
quasi senza rumore: non sono loro a franare,
loro che cambiano soltanto posizione preparandosi
tranquille alla prossima era, e fanno i bagagli
con cura, piegando ghiaccio e torrenti, boschi di conifere,
corrugando molasse antemurali, sedimenti di arenaria,
e si umettano di cascate e pozze sotterranee,
estraggono ammoniti e altri molluschi mesozoici
da strati profondi e terribili, ricordi marini
e geodi di cristallo trasparente.
La vita che chiami vita qui si conserva
solo come memoria dissecata, muto sguardo
di fossile o carbone, minerale.
No, non sono loro a franare, è la storia
nostra, e le nostre strade
Aere italico MDCCCV Nap. Imp.
di speranze e di gloria. Le montagne
parlano la lingua del mare e delle stelle,
lingua di quelle
remote ere geològiche
che sèmbrano ancora un sogno dell'immaginazione,
un'altra lingua in cui ogni cosa è uguale
e necessaria, esatta e inessenziale, e tutto varia
col variare del tutto.
[Fabio Pusterla: "Le terre emerse"]
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sabato 5 novembre 2011
Madrid, 1930 circa

Così come stiamo procedendo, con progressiva diminuzione della "varietà di situazioni", ci dirigiamo direttamente verso il Basso Impero. Anche quello fu un tempo di masse e di paurosa omogeneità.
[José Ortega y Gasset: "La ribellione delle masse"]
domenica 30 ottobre 2011
Tra due attimi
Subito
dopo che l’onda si alzasse sulle punte per sfidare il mondo
ma
subito prima che esplodesse in mille pezzi a frantumare [lo specchio.
E’
allora che è successo.
Subito
dopo che il gabbiano planasse morbido sulla nera roccia
ma
subito prima che riaprisse le ali mirando al cuore del cielo.
C’è
stato un momento
in
cui mi sono affacciato
sul
bordo del pozzo a guardare il fondo
per
lasciarmi travolgere dalla vertigine.
Una
crepa nel tempo,
uno
spazio stretto e profondo,
un
raggio di sole
filtrato
per un attimo ad illuminare il buio della stanza
prima
di restituire ogni cosa al suo sonno.
E’
stato allora che è successo,
in
quell'istante tra il prima e il dopo
in
quella piega del tempo dove nascono le cose:
una
nuova onda, il volo del gabbiano,
un
nuovo pensiero.
[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]
sabato 22 ottobre 2011
Carelia
Carelia.
La neve premurosa copre con il suo candido manto il sonno del giorno,
sotto un cielo di piombo che assiste - indifferente.
Il gelo si insinua avvolgendo ogni cosa tra le sue spire.
Il lamento di un cane, lontano, rompe il silenzio del bosco.
Odore di legna che brucia.
Un filo di fumo si alza mentre la nebbia azzurra cuce la terra al cielo.
Carelia.
Il tempo rallenta e poi si ferma.
Oggi è ieri, oggi è stato tanto tempo fa.
Il silenzio è bianco, l'attesa infinita.
Carelia, sogno lontano che entra piano e si attacca forte
come lichene abbracciato alla roccia.
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